DOPO LA SENTENZA DELLA CASSAZIONE INIZIA L’OSCURAMENTO ‘ITALIANO’ DEL SITO THE PIRATE BAY

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Nella sentenza n. 49437/09 della Corte di Cassazione che condanna il sito svedese The Pirate Bay (che permette il download di opere protette dal diritto d’autore) si legge che “il giudice può disporre il sequestro preventivo del sito web il cui gestore concorra nell’attività penalmente illecita di diffusione nella rete Internet di opere coperte da diritto d’autore, senza averne diritto, richiedendo contestualmente che i provider del servizio di connessione Internet escludano l’accesso al sito al limitato fine di precludere l’attività di illecita diffusione di tali opere”.
A quasi un anno dalla sentenza, la guardia di finanza ha iniziato a notificare ai provider italiani la chiusura, in Italia, del sito The Pirate Bay. Non sono mancate le critiche: “Si tratta di un provvedimento anacronistico e pericoloso per due ragioni”, denunciano Luca Nicotra, segretario dell’Associazione radicale Agorà Digitale e Marco Perduca, senatore radicale eletto nelle liste del PD. “Primo, non può essere il nome provocatorio di un sito a determinarne la chiusura. Se passa il principio che su Internet gli intermediari come Pirate Bay (ma anche come Google, Youtube, Facebook, etc.) sono responsabili, qualsiasi fornitore di contenuti su Internet potrebbe essere oscurato, prima ancora di un processo. Basta una denuncia e il gip potrà chiedere di bloccare l’accesso ad un sito per tutta la durata del procedimento.
Secondo, le norme invocate per effettuare il blocco non contengono al loro interno la possibilità di effettuare una censura indiscriminata, ma solo quella di intervenire per bloccare attività illecite poste in essere da uno dei suoi utenti. Su questo abbiamo il dovere di contestare, come già fatto dall’Associazione Italiana Internet Provider, la pericolosissima sentenza della Cassazione che ha legittimato tale pratica.
L’unica colpa di Pirate Bay, rispetto ad altri analoghi e diffusissimi motori di ricerca, è quella di aver posto di fronte all’opinione pubblica la necessità di una riforma del copyright”.

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