II far west dell’etere è finito. Senza clamori e colpi di teatro al punto da passare quasi inosservato. Quando martedì sera l’Agcom è riuscita a ottenere l’accordo unanime di tutti gli operatori sul piano delle frequenze per la transizione al digitale della Sardegna è finita un’epoca e ne è iniziata un’altra. Il tempo dei piani di riordino concepiti e mai attuati e della guerra legale di tutti contro tutti è tramontato grazie al primato di una tecnica sofisticata e imparziale e di una sapiente mediazione degli interessi. Il nostro presidente, Corrado Calabrò, ha vinto la scommessa che aveva fatto davanti al Paese: governeremo il processo della transizione al digitale terrestre. Detto fatto. Servizio pubblico, investimenti e pluralismo, le tre stelle polari del sistema, hanno trovato un’armonica composizione. Come? Il segreto del successo risiede in poche formule.
Il tempo dei piani di riordino concepiti e mai attuati e della guerra legale di tutti contro tutti è tramontato grazie al primato di una tecnica sofisticata e imparziale e di una sapiente mediazione degli interessi. Il nostro presidente, Corrado Calabrò, ha vinto la scommessa che aveva fatto davanti al Paese: governeremo il processo della transizione al digitale terrestre. Detto fatto. Servizio pubblico, investimenti e pluralismo, le tre stelle polari del sistema, hanno trovato un’armonica composizione. Come? Il segreto del successo risiede in poche formule.
Dietro ai numeri la realtà è quella di una soddisfazione di tutti gli interessi in gioco, partendo dalle emittenti locali e dai soggetti che più reclamavano misure allocative che sono stati garantiti, per finire con i pionieri dell’innovazione tecnologica come H3g, operatore di telefonia la cui intraprendenza imprenditoriale nel campo dell’ audiovisivo in mobilità (Dvb-h) è pienamente riconosciuta. Gli operatori nazionali, Rai e Mediaset, hanno dato prova di senso di responsabilità rinunciando ad arroccarsi nella difesa di privilegi o di vantaggi tralatizi per assecondare un processo che ha visto comunque rispecchiati tanto la missione del servizio
pubblico quanto gli investimenti e la salvaguardia dei lavoratori.
Ma forse nulla di più del digital dividend di due reti per nuovi entranti testimonia meglio il successo dell’operazione. Il quale acclara un’altra verità: molti nodi del sistema radiotelevisivo possono essere sciolti nella loro sede naturale che non è il parlamento o il contenzioso bensì lo spazio neutrale e asettico della regolamentazione. Il pluralismo, una volta che cessi di essere vuoto slogan accademico e grido di guerra partigiano, può esser declinato in misure molto pragmatiche purché si lasci lavorare chi è abituato ad ascoltare tutti e a comporre senza pregiudizi gli interessi in gioco all’insegna della tecnica.
È troppo sperare che la concorrenza nella radiotelevisione possa essere affrontata con lo stesso aplomb di quella nella telefonia? Crediamo di sì, se la convergenza ha un senso – e la svolta della Sardegna sembra darci ragione. Del resto le due anime dell’Agcom – quella deliberante e quella amministrativa – hanno dimostrato pieno affiatamento, allorché il consiglio dell’Autorità, ha tracciato la strada in nome di una sintesi alta di valori e visioni e la struttura ha magistralmente seguito, grazie alla paziente tessitura dei direttori Laura Aria e Vincenzo Lo Bianco, ai quali tutti devono moltissimo.
Ora tocca al ministero procedere all’assegnazione ecumenica dei diritti d’uso delle frequenze e soprattutto a formalizzare gli accordi con i paesi confinanti, passaggio essenziale per perfezionare il procedimento. I plenipotenziari del ministero, tra cui in primis il prof. Antorio Sassano, maitre à penser dello switch off, potranno contare ancora una volta sulla solida concretezza della nostra collaborazione. Nel frattempo l’Agcom si prepara già alle prossime sfide che sono la radio digitale e le altre regioni. Vorremmo stupire l’Europa là dove meno se lo aspetta. Non credete che sarebbe ora?
Stefano Mannoni,
commissario AgCom,