Quanto costa vedere la Rai in Uruguay? 700 pesos al mese, circa 23 euro. 600
se si riesce a trovare una buona promozione. Considerato che lo stipendio medio
nel paese si aggira intorno ai 7.000 pesos si tratta del 10 percento. Una cifra
considerevole. In Italia il canone Rai costa 104 euro, che diviso per dodici
mesi fa 8 euro e 6 centesimi. Tre volte meno di qui. “Sono almeno soldi
ben spesi”, dicono i sostenitori del servizio pubblico.
Gente d’Italia ha cominciato a chiedere ai nostri connazionali che
vivono in Uruguay se pensano sia così. Professionisti e operai, anziani e
giovani tutti ugualmente spettatori dello stesso palinsensto.’ E’ la prima
di una serie di ricognizioni di Gente d’Italia quotidiano delle
americhe diretto da Mimmo Porpiglia tra la comunità italiane del sudamerica per
verificare l’indice di gradimento di un servizio che da anni promette di
cambiare.
Alessandro Vidigh, responsabile Agenzia di viaggi
“Rai International è una beffa. Direi un insulto alla
nostra intelligenza”. Fuori dai denti Alessandro Vidigh, membro del
Consiglio della Scuola Italiana di Montevideo nonchè dirigente di un’agenzia
di viaggio commenta il servizio internazionale della televisione di stato. “Il
suo grande difetto è che chi fa la programmazione non tiene conto del Sud
America. Basta guardare gli orari di messa in onda. I programmi di informazione
come Porta a Porta , ma anche Ballarò che sono felicissimo sia stato incluso
insieme ad Anno Zero, sono a notte inoltrata. Dopo mezzanotte almeno. A
confrontare i palinsensti sembra che esista solo il Nord America, che gli orari
e le offerte siano pensati solo per gli Stati Uniti, anzi, solo per New York.
Eppure sono stati proprio gli italiani del Sud America a votare più numerosi e
in maggioranza per il governo attuale. Io penso che si stia svalutando
politicamente un importantissimo elettorato. Anche l’offerta complessiva
rispetto ai temi dell’informazione sembra una presa in giro. Il TG2 è
sparito, al suo posto ora ci sono solo dei titoli che non rimandano a nessun
approfondimento, almeno nel corso della mattinata. E se cerchi un programma sul
sito , rischi di perderlo perchè quello che è scritto non corrisponde alla
realtà. Il Tg1 va in onda alle 16 ora in cui io lavoro, come tutta la parte
attiva della comunità. Per non parlare dell’informazione di ritorno. Prima
c’era Qui Roma, c’erano i collaboratori della Rai sul posto che giravano tra
le comunità e le raccontavano. Ora che non c’è più non riusciamo a sapere
nulla di quello che succede tra gli italiani in Brasile, Argentina, Venezuela,
per citare i paesi in cui le nostre colletività sono più presenti. Avevamo
un’agenda di eventi politici, di visite, di riunioni su temi economici , cose
utili per il nostro lavoro oltre che per la conoscenza reciproca. Sparito. E se
provi a scrivere una mail a Roma, neanche ti rispondono. Io mi sento preso in
giro. E ho davvero perso la pazienza”.
Daniela Temesio, giovane membro del COMITES
“A me piace Rai International, soprattutto mi piacciono i documentari di
viaggio perchè sono un’appassionata di geografia”. Parla Daniela
Temesio 33 anni, membro del Comites ed esponente delle seconde generazioni di
italiani in Uruguay. “Rimpiango un pò un programma che fino a quattro
anni fa insegnava la lingua. E’ stato sostituito con “Qui si parla
italiano”, ma in orari in cui mi è difficile seguirlo. Guardo con
interesse anche Sportello Italia ed in generale ho l’impressione cho
l’offerta stia cambiando, ma faccio fatica a seguire le informazioni,
soprattutto i telegiornali a causa della lingua, del mio italiano che non e’
abbastanza buono. Devo dire sinceramente che da sempre l’informazione politica
mi è arrivata dal COMITES più che dagli organi di informazione principali
come la RAI”.
Angelo Del Duca, imprenditore
“Ho visto Rai International l’ultima volta due giorni fa, stavo facendo
zapping e non mi sono fermato a lungo sul canale”. L’imprenditore
italo-urguayano Angelo Del Duca non ha molto tempo per guardare la televisione,
ma quando capita preferirebbe ricevere informazione piu’ che intrattenimento.
“Quello che offre il palinsesto, sinceramente, per noi non è molto
interessante, soprattutto se teniamo conto dell’orario. La maggior
parte dei programmi di informazione sono la sera tardi o il pomeriggio, mentre
in prime time vanno in onda soap -opera e sceneggiati. Sentiamo la mancanza di
telegiornali e di programmi di approfondimento. E manca anche l’informazione
di ritorno”. Un messaggio per il direttore Badaloni? ”Francamente
non saprei cosa dire, sono piuttosto demotivato. Ho l’impressione guardando la
Rai che l’interesse nei confronti degli italiani all’estero sia diminuito
invece di crescere”.
Giovanna Franceschini, italiana arrivata in Uruguay 20 anni fa.
“Rai International è una vergogna. Un insulto per noi
italiani residenti all’estero. Un palinsesto vergognoso. La programmazione un
pò più interessante, come per esempio Porta a Porta, è mandata in onda
ad un orario improponibile. E poi basta, ormai sembra sia diventata Tele
Cinquetti. Non ne possiamo più. Dateci informazioni e programmi di
approfondimento. Dall’Italia ci arrivano solo questi polpettoni inguardabili ,
si salva solo Italia Chiama Italia, per il resto tutti presentati da gente
incompetente e ignorante”. Parla cosi’ la signora Giovanna, una
pensionata italiana. “Sono indignata e come io, lo sono tutti gli italiani
che accendono la televisione, pagano un servizio carissimo per vedere programmi
che nemmeno nel Burundi manderebbero in onda. La prego, non mi censuri, scriva
tutto quello che le dico perchè è ora di cambiare le cose”
Renato Palermo, responsabile del patronato INCA, membro del Comites e del CGIE
“A casa non ho messo la tv via cavo per impedire ai miei figli di rimanere
incollati allo schermo più di quanto già non facciano. In ufficio dove
accendiamo dalla mattina proprio perchè i membri della collettività possano
dare uno sguardo all’Italia, non ho modo di vederla. Comunque ho
l’impressione che qualche leggero cambiamento sia stato avviato e che sia in
senso migliorativo". Renato Palermo, membro del COMITES e responsabile
dell’INCA CGIL, ammette di “frequentare” poco Rai International. “Quello
che posso fare è riferire ciò che gli italiani ci dicono e cioè che le
modifiche apportate dalla nuova direzione sono appena appena percettibili, che
non si nota un cambiamento radicale o davvero innovativo e forse questo non è
un feedback buono. Per parte mia, invece, vedo che un miglioramento
della qualita’ dell’offerta si sta tentando”.
Filomena Narducci, responsabile del patronato INAS, memebro del Comites e del
CGIE “Ho notato delle buone intenzioni e mi piacciono alcuni aspetti del
nuovo palinsesto, ma credo che la collettività chieda di modificare in
modo più incisivo la programmazione”. Fa anche qualche esempio concreto
Filomena Narducci, responsabile del CGIE per l’Uruguay e del INAS CISL. “Vogliono
una diversa programmazione culturale, più film, musica più attuale, basta con
la Carrà e Domenico Modugno. Non dico che alcune cose non ci devano più
essere, ma che si dia anche voce anche ad una realtà culturale italiana meno
“anziana”. Bisogna accontentare tutti, o quasi. Un altro esempio: il calcio
tutto il sabato e tutta la domenica. Non siamo in Italia, non possiamo cambiare
canale qui, se cambiamo canale lasciamo la Rai e vediamo ad esempio la
televisione spagnola. Ecco, a proposito la televisione spagnola non usa
l’inglese per definirsi all’estero, non si chiama Spanish Television. E così
anche Rai International dovrebbe chiamarsi Rai Internazionale se davvero volesse
promuovere l’italiano e la nostra cultura nel mondo”. Informazione di
ritorno? “Poca. E’ vero che all’interno dei programmi specializzati
ora vengono spesso invitati i parlamentari eletti all’estero, ma mancano
cronache dalle comunità. Nessuno racconta cosa davvero accade, giorno per
giorno”.
Raffaello Trotti, figlio di italiani di Montevideo
“Sono figlio di italiani che vivono in Uruguay ormai da tempo. Ho 28 anni
e parlo correntemente l’italiano. A casa abbiamo Rai International ma, non le
nascondo che, preferiamo non guardarla. Sembra una televisione di
regime: Soviet Rai. O tg3, o programmi che ospitano solo voci della
sinistra. fiction su fiction. Programmi privi di contenuto e orientati ad un
pubblico ignorante e da emigrante con la valigia di cartone. Noi vogliamo avere
notizie di politica, da tutti e due gli schieramenti, tutte le voci devono poter
parlare. Vogliamo talk show, telegiornali e documentari. Basta, basta,
basta. Basta con le Cinquetti di turno raccomandate da chissà quale politico
che, rubano il posto a chi veramente ha i titoli e l’esperienza per poter
presentare un programma. Perlomeno, che ci diano cultura e lingua italiana e non
un paio di donnette che sgambettano scimmiottando un pò di giornalismo”.