Meta avrebbe evaso 887,6 milioni di Iva omettendo di dichiarare introiti per quasi quattro miliardi di euro. Arriva la chiusura delle indagini della Procura di Milano, per l’azienda cara a Mark Zuckerberg è in arrivo una stangata. Sia dal punto di vista economico quanto da quello di diritto. Già, perché per i magistrati milanesi che hanno seguito l’indagine, ossia i pm Giovanni Polizzi e Cristian Barilli, Meta non fa proprio nulla gratis e il rapporto che si instaura tra i social della galassia Zuckerberg e i suoi utenti sono tutt’altro che gratuiti e, anzi, nascondono dei profili patrimoniali lucrosissimi. Niente di cui non fossimo già a conoscenza da tempo, sia chiaro. Ma che a riconoscerlo (per l’ennesima volta) siano dei magistrati è tutta un’altra cosa. I magistrati partono dal presupposto secondo cui l’azienda “acquisisca e gestisca, per scopi commerciali, dati, informazioni personali e interazioni sulle piattaforme di ciascun iscritto, così da instaurare con i fruitori del servizio – in virtù della connessione diretta in termini di proporzionalità quantitativa e qualitativa tra le contrapposte prestazioni – un rapporto di natura sinallagmatica, quale operazione permutativa”. Ergo, non è una donazione. Così come aveva già affermato l’Antitrust e ribadito il Tar del Lazio e Consiglio di Stato: “oltre che da autorevole dottrina – scrivono i magistrati – e ha trovato riscontro nelle attività ispettive della Guardia di finanza, negli atti dell’Agenzia delle Entrate e infine nelle risultanze dell’indagine penale, dimostrando la sostanziale convergenza sul punto da parte delle diverse articolazioni dello Stato e l’efficace collaborazione tra Autorità giudiziaria, Guardia di finanza e Agenzia delle Entrate nell’assicurare il rispetto delle leggi fiscali poste a tutela del bilancio pubblico”.
I numeri dell’indagine sono di quelli che dovrebbero far riflettere. Si parla di un imponibile non dichiarato da quasi quattro miliardi di euro. Per la precisione si tratta di 3.989.197.744,05 euro, a cui corrisponderebbe un’imposta sul valore aggiunto, di Iva solo per Meta, evasa pari a 887,6 milioni di euro. Soldi che dovrebbero andare allo Stato e che invece finiscono nelle casse capienti delle solite major digitali. Che, finora, giocano una partita win-win, tanto c’è sempre un accordo a salvare capre e cavoli e le istituzioni preferiscono fare la voce grossa coi piccoli. Per cui, invece, il web è una sfida a perdere: non soltanto occorre accontentarsi delle briciole elargite dai top ma bisogna pure far fronte alle richieste sempre più pressanti di Fisco e enti.