I giornalisti temono l’avvento dell’intelligenza artificiale in redazione. Senza il professionista non c’è informazione. E dove l’algoritmo ha preso il posto del giornalista sono iniziati i guai. Che hanno riguardato non tanto, e non solo, l’aspetto valoriale dell’intera vicenda, il complesso dei principi costituzionali (dentro e fuori l’Italia) e la tenuta stessa della democrazia. No. I guai sono stati anche economici per gli editori che hanno provato a sostituire i giornalisti robotizzando l’aggiornamento e la compilazione dei giornali. Carlo Bartoli, presidente del consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, ne ha diffusamente parlato, dei rischi dell’intelligenza artificiale nel campo dell’editoria, e lo ha fatto in audizione davanti ai parlamentari della Commissione cultura alla Camera dei Deputati. L’incontro, avvenuto nei giorni scorsi, ha avuto il merito di riportare d’attualità alcuni temi fondamentali del dibattito. Attorno a cui non gira solo l’interesse, legittimo, degli editori ma quello stesso delle istituzioni a garantire un’informazione di qualità e la tenuta della Costituzione che pone il pluralismo al centro dei valori custoditi, tutelati e promossi dalla Carta fondamentale.
“Siamo alla fase applicativa dell’intelligenza artificiale (IA) e anche in Italia si creano accordi e molte redazioni hanno iniziato ad applicare tali strumenti e su questo io credo sia importante, molto importante, la massima attenzione e vigilanza”, ha esordito Bartoli. Che ha messo tutti in guardia, a cominciare dagli editori: “Se guardiamo infatti a cosa accade in Paesi come gli Stati Uniti, dove l’utilizzo in editoria è più avanzato, vediamo emergere opportunità ma anche rischi, criticità e pure contenziosi legali rilevanti. Le opportunità si percepiscono nei processi di velocizzazione, di snellimento delle funzioni ripetitive o per il trattamento di grandi mole di dati. Gli aspetti negativi riguardano invece i tentativi di sostituzione dei giornalisti e di un approccio veramente economicista da parte delle aziende editoriali”.
Ma non è tutto: “Un altro grande problema riguarda la remunerazione, la tutela del prodotto giornalistico e dei diritti d’autore, una questione già vissuta con l’aumento del Web”, ha proseguito Bartoli. Secondo cui: “Allora gli editori si erano lanciati ad occhi chiusi nelle braccia delle grandi piattaforme, restando in gran parte fagocitate e ricavandone ben poco e scaricando quindi i costi sulla comprensione del lavoro giornalistico. Servono quindi regole e trasparenza nelle intese – ha continuato il presidente del Cnog – al fine garantire come scritto nel Ddl 1146 un equo compenso per i produttori di contenuti informativi che vengono usati sia per addestrare che per far funzionare l’intelligenza artificiale”. Bartoli ha concluso: “Molti sono i casi negli Stati Uniti dove i software hanno aggirato i paletti delle intese con gli editori e una volta presi i contenuti li hanno rielaborati e diffusi. Se ciò accadesse – ha concluso – verrebbe inferto un ulteriore colpo al nostro già debole sistema editoriale”.