C’è una voce, in Italia, che va controcorrente: ed è quella del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che continua a sostenere che senza pluralismo e senza informazione libera non c’è né ci può essere democrazia. E che non teme di tirare le orecchie agli Over the Top e alla loro pretesa di voler imprimere le loro esigenze a discapito di quelle, non tanto e non solo dell’editoria, ma dell’informazione e dunque della democrazia.
Il Capo dello Stato ha incontrato al Quirinale l’Eana, l’associazione europea delle agenzie di stampa. A cui ha ribadito l’importanza del compito e del loro lavoro quotidiano: “L’informazione primaria alimenta la democrazia”. Il potere, per Mattarella, non ha “mai abbandonate tentazioni di poteri pubblici di fissare limiti agli spazi di libertà di informazione, piuttosto che proporsi doverosamente di garantire e sostenere quei medesimi spazi di libertà”. La lettura più facile è quella politica, partitica. La bagarre interna, la questione di cortile. In realtà il presidente della Repubblica guarda (molto) più avanti. E afferma: “Nuovi protagonisti globali sono intervenuti nella dimensione dell’informazione, con la pretesa di definire standard di accesso e linee guida – anche con un uso spregiudicato delle piattaforme digitali che gestiscono e dell’Intelligenza Artificiale – a prescindere dalle legislazioni poste a tutela della integrità del settore”.
Quindi il presidente Mattarella ripete, a beneficio di chi fa finta di non sentire, la sua preziosa lezione in materia di pluralismo: “La libertà e il pluralismo dei media garantiscono il pieno dispiegarsi di alcuni dei diritti irrinunciabili per la democrazia e la misurazione della sua qualità: il diritto alla libertà di espressione e di informazione. L’informazione libera, indipendente e plurale è un diritto dei cittadini, un dovere per tutti esigerla. È l’antidoto per contrastare fenomeni manipolativi”. Ma non basta: “La trasformazione digitale interessa ogni aspetto della nostra vita. Non vi è dubbio che essa offra straordinarie opportunità. Al contempo la sfida per le nostre società democratiche è quella di evitare che l’accelerazione dei mutamenti comporti la regressione di diritti fondamentali derivanti da quell’unità di valori, indivisibili e universali, sulla quale si fonda l’Unione europea”.