Meta-Siae, insorgono le associazioni. La scelta di Mark Zuckerberg, che ha fatto saltare il tavolo, ha messo insieme Cgil e Confindustria. Tutti contro la scelta della galassia digitale di Facebook che non vuole scucire più di quello che ritiene essere il dovuto per le canzoni italiane. Il tema, però, va ben oltre la disfida canora. È quello della direttiva copyright. E la domanda, quindi, è d’obbligo: se ciò accade per contenuti popolarissimi come la musica, cosa potrà mai succedere ai giornali? Avranno peso contrattuale contro aziende che non solo hanno fatturati più alti del Pil di interi Stati ma, addirittura, possiedono il controllo di intere infrastrutture digitali?
Intanto, la Slc Cgil ha pronunciato parole chiare e forti sul tema: “Siamo a conoscenza con preoccupazione ed incredulità del fatto che la trattativa sulle utilizzazioni da parte di Meta delle opere tutelate da Siae sarebbe incagliata su questioni di percentuali sugli introiti e ripartizioni analitiche, vale a dire che Meta pretenderebbe di concordare compensi forfettari svincolati dal suo volume di affari in Italia (che secondo l’utilizzatore deve restare sconosciuto) e da qualsiasi dato inerente le utilizzazioni effettive del repertorio tutelato da Siae”. La Cgil ha sottolineato: “È bene ricordare che la direttiva Barnier, a lungo invocata quando si trattava di liberalizzare il settore, prevede espressamente che gli utilizzatori debbano fornire i dati relativi sia alle utilizzazioni che al volume di affari generato, in modo che la contrattazione possa basarsi su dati reali ed individuare compensi adeguati sia alle giuste spettanze degli autori che ai guadagni in tal modo conseguiti dall’utilizzatore”.
Infine l’assalto: “Non si tratta di prendere posizione nei confronti di questa o di quella collecting, o di giudicare tout court il comportamento negoziale di un grande utilizzatore, ma di rispettare i parametri di contrattazione identificati a livello europeo soprattutto in presenza di chi ha introiti enormi e grandemente differenziati, ricava i propri guadagni solo parzialmente dalla utilizzazione di repertorio tutelato e fruisce per di più di tassazioni di favore”.
Scetticismo, a dir poco, è stato espresso anche da Innocenzo Cipolletta, presidente Confindustria Cultura Italia: “La preoccupazione per l`impatto che il mancato accordo tra Meta e Siae, e la conseguente rimozione o silenziamento dei contenuti musicali su Facebook e Instagram, è molto forte e i danni potrebbero essere ingenti per l`intera filiera musicale: Il dovere di un editore globale come Meta, così come il dovere di una società di gestione collettiva dei diritti come è Siae, è quello di agire sempre per facilitare l`accesso ai contenuti culturali e creativi e di assicurare il rispetto di tutta la comunità creativa e in quest`ottica la recente Direttiva copyright ha stabilito regole molto precise per le licenze di musica online che vanno seguite e rispettate”.
Confindustria, quindi, porta il tema della discussione proprio là dove Zuckerberg non vorrebbe che si portasse. Cioè nella constatazione, fattuale (tranne che per Meta, per ovvie ragioni di borsa) che Facebook e le altre aziende Over the Top sono editori a tutti gli effetti: “Il nostro auspicio pertanto – conclude Cipolletta – è non solo che Siae e Meta trovino presto un accordo ma che lo stesso sia garantito per tutta la filiera dell`industria musicale, tra cui anche i produttori discografici indipendenti che già un anno fa dichiaravamo a mezzo stampa che Meta utilizza i contenuti senza autorizzazione, nell`interesse del crescente mercato musicale in Italia e degli aventi diritto e delle stesse piattaforme. I contenuti culturali e creativi infatti rappresentano la ricchezza economica e sociale di un Paese, ma anche la ricchezza di tutte le piattaforme digitali”.