Tutto quanto c’è da sapere sullo stop ai tagli all’editoria

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Lo scorso 25 febbraio il Senato della Repubblica ha approvato in via definitiva la legge di conversione del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183 recante, tra le altre, disposizioni urgenti in materia di termini legislativi.

Nel corso della conversione del provvedimento il Parlamento ha introdotto all’articolo 4 il comma 4 ter che proroga da ventiquattro a quarantotto mesi l’entrata in vigore del taglio ai contributi previsto dal comma 810 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145.

Il taglio, fortemente voluto dall’allora sottosegretario Vito Crimi, famosa la qualificazione di “gerarca minore” attribuitagli da Massimo Bordin, sarebbe dovuto entrato in vigore nel 2019. Invece, in virtù delle proroghe che si sono succedute nel tempo dovrebbe entrare in vigore con riferimento ai contributi di competenza del 2023.

Quindi, in assenza di altre proroghe o di una auspicata abolizione della norma, anche a seguito di una revisione della normativa con carattere di organicità, il taglio dovrebbe essere pari: a) nel 2023 al 20 per cento dell’eventuale differenza tra l’importo spettante e 500.000 euro; b) nel 2024 al 50 per cento dell’eventuale differenza tra l’importo spettante e 500.000 euro; c) nel 2025 al 70 per cento dell’eventuale differenza tra l’importo spettante e 500.000 euro. Nel 2026, infine, i contributi a favore delle categorie più deboli dovrebbero essere completamente abrogati, fatta eccezione per quelli previsti a favore delle minoranze linguistiche, dei giornali italiani all’estero, delle associazioni dei consumatori e dei giornali per ipovedenti.

In relazione ai contributi relativi all’esercizio 2021 ricordiamo, come indicato nella nostra circolare n. 2/2021, che il comma 7 bis dell’articolo 5 del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137 ha esteso anche all’esercizio in corso il beneficio previsto dal comma 5 dell’articolo 96 del decreto-legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito con modificazioni dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126. Ne deriva, quindi, che anche per il 2021 il contributo non potrà essere inferiore a quello incassato per il 2019. Ma, in assenza della proroga del taglio, un eventuale contributo superiore derivante dall’incremento dei costi ammissibili o dall’incremento delle copie diffuse sarebbe stato inciso dal taglio. Fattispecie che, tra l’altro, avrebbe colpito tutti i nuovi soggetti entranti ai quali si sarebbe applicato il taglio senza la tutela della clausola di salvaguardia.

Quindi, alla luce del nuovo combinato disposto, il contributo verrà determinato sulla base dei criteri fissati della norma e, solo nell’ipotesi in cui lo stesso sia inferiore a quello incassato nel 2019, entrerà in funzione la clausola di salvaguardia.

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