Sei domande, secche e precise: così il Manifesto oggi ha presentato ai suoi lettori e al premier Giuseppe Conte il redde rationem. Cosa si è fatto e cosa si farà per tutelare la libertà di stampa, l’editoria e il mondo dell’informazione in Italia? Il tema è spinoso assai e le attese sui grandi temi che riguardano il giornalismo – dal carcere all’equo compenso e fino al futuro e all’autonomia dell’Inpgi – attendono soluzioni da fin troppi anni.
Riportiamo qui di seguito, dunque, lo schema di domande proposte a Conte. Di sicuro forti e nette, lontane le mille miglia da quelle “pre-accordate” che abbiamo visto e sentito in alcune conferenze da Palazzo Chigi.
Il presidente della Repubblica Mattarella ha spesso richiamato l’ attenzione sull’ articolo 21 della Costituzione e così ha fatto, in diverse occasioni, l’ alta Corte. Eppure numerose questioni sono irrisolte, se non rimosse.
Per tale ragione, alla vigilia della consueta conferenza stampa di fine anno del presidente Conte, intendiamo rivolgere pubblicamente alcune delle domande fin qui eluse.
1) L’ osservatorio «cronisti minacciati», che ha sede presso il Viminale, ha segnalato un aumento delle minacce verso le croniste e i cronisti impegnati sulla mafia e il malaffare. Alle tradizionali minacce si sono aggiunte quelle dei gruppi eversivi e degli «odiatori» in rete. Il Covid ha aggravato la situazione. Perché le proposte di legge sulle querele bavaglio sono ferme al Senato?
2) Perché non è diventata una priorità l’ abolizione del carcere per i giornalisti con una seria revisione della vecchia normativa sulla diffamazione a mezzo stampa? La riforma è in lista di attesa da cinque legislature.
3) Alla situazione di rischio per la diffusione dell’ odio e per il ricorso alle liti temerarie, si unisce – moltiplicandone gli effetti – la crescente condizione di precarietà (o, persino, di schiavismo) nel lavoro. La legge sull’«equo compenso» varata nel 2012, ancorché breve e cogente, non è mai stata applicata. Che si aspetta a sbloccarla? E i provvedimenti per le fasce prive di tutele?
4) L’ assalto in corso contro l’ autonomia dell’ istituto di previdenza Inpgi, che non casualmente porta il nome di Giovanni Amendola, rischia di compromettere e aggravare la crisi. L’ autonomia dell’ informazione va difesa a tutti i livelli.
5) L’ inopinata decisione di non rivedere il testo della legge di bilancio 2018, che sanciva la veloce agonia del «Fondo per il pluralismo e l’ innovazione», colpisce le testate cooperative e di opinione lontane dalla competizione di mercato. È un duro colpo al pluralismo. Si recupererà con il «mileproroghe»?
6) Continuiamo a non vedere alcun progresso dell’ iter parlamentare sul conflitto di interessi, sulla riforma della Rai, sul superamento della vetusta legge Gasparri sull’ emittenza. Il governo pare inerte, malgrado le dichiarazioni del sottosegretario con delega Andrea Martella. Anzi. L’ unico intervento nella fase attuale sembra essere l’«emendamento Media set», contrario – peraltro alle decisioni europee. Ci attendiamo davvero delle risposte.