Può un lavoratore essere licenziato se usa un linguaggio denigratorio verso l’azienda dove lavora? No, se questo avviene all’interno di una cerchia ristretta di contatti su WhatsApp. A stabilirlo è una recente sentenza del tribunale del lavoro di Firenze che ha disposto il reintegro di un operaio pratese, dipendente di un’azienda d’abbigliamento dell’hinterland fiorentino (fra Campi Bisenzio e Calenzano) che era rimasto contrariato dalla promozione di altri suoi colleghi.
Assistito legalmente dalla Femca Cisl di Firenze e Prato (avvocati Andrea Logli e Andrea Lai), il lavoratore aveva perso il lavoro nell’estate 2018 dopo che i contenuti della chat privata – in cui si lamentava della promozione toccata ad altri – erano finiti sul tavolo della direzione aziendale perché “passati” da un collega presente in quella conversazione virtuale. “Questa sentenza – sottolinea Mirko Zacchei, segretario della Femca Cisl di Firenze e Prato – ha un valore straordinario perché sancisce il diritto alla privacy e disconnessione del lavoratore in un mondo del lavoro sempre più connesso”. (ANSA)