Il Parlamento Europeo approva la direttiva sul copyright

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Il Parlamento Europeo ha approvato la direttiva avente ad oggetto la riforma della disciplina normativa relativa al diritto d’autore. Hanno votato a favore 438 parlamentari, a fronte di 226 voti contrari e 39 astensioni. La direttiva era stata respinta a luglio a causa di alcuni aspetti controversi, che hanno generato un acceso dibattito pubblico. Questa era l’’ultima occasione per approvare l’atto prima del rinnovo del Parlamento. Le formazioni politiche favorevoli alla riforma hanno perciò dato il loro benestare alla versione modificata del testo bocciato in estate. La prossima fase sarà la negoziazione tra le istituzioni europee, a cui seguirà l’esame nei Parlamenti dei singoli Stati membri.
Ad entrare nell’occhio del ciclone sono stati soprattutto gli articoli 11 e 13 della direttiva. L’art.11 riguarda l’obbligo di richiedere autorizzazioni preventive agli editori per la pubblicazione di contenuti ad essi afferenti, anche brevi. Ci si riferisce alla link tax, che è un compenso in denaro da corrispondere all’editore per il link inserito. I diritti di copyright si estendono a titolo, sommario e Url. La definizione di link tax è particolarmente azzeccata, dal momento che la nuova tutela si estende proprio agli elementi che contrassegnano un link. Una prescrizione favorevole ai grandi editori, che da anni combattono una battaglia contro i giganti del web.
L’articolo 13 è quello che ha scosso maggiormente le coscienze di chi ha a cuore la libertà che permea il concetto stesso di Internet. La disposizione prevede un controllo preventivo sulla pubblicazione di contenuti protetti da copyright. Nel testo non è uno specifico riferimento al filtraggio di contenuti, ma si parla di “tecnologie efficaci” per rimuovere le criticità. Si è parlato di “stop ai meme”, poiché la nuova norma potrebbe rendere molto complicata la diffusione virale delle famose immagini umoristiche. La norma rischia di essere un bavaglio per la libera espressione su Internet: è su questo tasto che hanno battuto 70 esperti della Rete nella campagna lanciata per frenare la direttiva.
In realtà sono pochi i cambiamenti, e nemmeno troppo significativi. Nella sua ossatura la direttiva resta molto simile a quella bocciata in estate. In merito ai ricavi conseguiti tramite diffusione di opere protette viene affermato il principio di condivisione tra grandi piattaforme e autori. Vi è una precisione sui collegamenti ipertestuali (hyperlink). Questi ultimi non saranno coperti da copyright se associati a parole individuali. Nel caso in cui, invece, ai link si associano descrizioni più elaborate si ricade nella casistica degli snippet, per i quali vi è la protezione del diritto d’autore e quindi la necessità che le piattaforme paghino i diritti d’uso agli editori. Sui controlli preventivi, altro punto molto critico della direttiva, sono state introdotte garanzie in favore dei contenuti non violanti il copyright. Una intensa cooperazione tra piattaforme e detentori sarà fondamentale per un corretto filtraggio dei contenuti. Contro la cancellazione preventiva di materiale non protetto sono previsti meccanismi rapidi di reclamo su iniziativa della piattaforma. Inoltre nel testo della direttiva è specificato che le norme non riguardano Wikipedia e altri siti open source, senza fini commerciali. Una precisazione resa necessaria dall’avversità della nota enciclopedia online per il provvedimento.

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