Negli ultimi giorni si è creato un caso attorno al licenziamento di Alessandro Barbano, ormai ex direttore de “Il Mattino”, storico quotidiano di Napoli e del Sud Italia. La motivazione ufficiale si sostanzia in ragioni economiche e organizzative, ma secondo molte indiscrezioni dietro alla volontà di Caltagirone Editore ci sarebbe un’analisi puramente relativa alla linea editoriale. Il ridimensionamento del personale e il trasferimento dalla storica sede di Via Chiatamone sono fattori da tenere in considerazione, ma mai quanto il presunto cambio di rotta richiesto dall’editore. Ex colleghi e autorevoli firme del giornalismo sembrano propendere per un’altra interpretazione. Barbano sarebbe stato reo di un atteggiamento per nulla accondiscendente nei confronti della linea politica di Movimento 5 Stelle e Lega, i partiti che al momento compongono la coalizione di governo. Sul piatto ci sarebbe anche la visione antigiustizialista di Barbano, che si è sempre mostrato contrario al potere eccessivo della magistratura.
Pertanto la decisione di Caltagirone troverebbe le sue motivazioni nell’intenzione di avere una completa omogeneità editoriale tra i quotidiani di sua proprietà. Questo non è chiaramente accettabile, dal momento che l’indipendenza e l’autonomia sono tratti caratterizzanti la professione giornalistica. Il diritto insopprimibile della libertà di informazione e di critica si collega strettamente all’art.21 della Costituzione. La subordinazione c’è , ma, in ragione della peculiarità del lavoro giornalistico, è a gradazione attenuata. Questo vuol dire che il carattere intellettuale e creativo della prestazione lavorativa rende non agevolmente ravvisabile l’elemento dell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro. Nella vicenda di nostro interesse vi sarebbe stato un vero e proprio diktat dell’editore, non conforme al consolidato orientamento della giurisprudenza in materia. Del resto “Il Mattino” è stato recentemente rinnovato a livello grafico in modo tale da renderlo simile a “Il Messaggero”, altra importante testata del Gruppo Caltagirone. Da questioni formali a valutazioni contenutistiche il passo può essere breve.
La volontà di Barbano di non accettare pagine preconfezionate da “Il Messaggero” è stata resa nota da alcuni suoi (ex) colleghi, per i quali il direttore uscente avrebbe pagato qualche no di troppo. Nella sua partecipazione a “Omnibus”, programma in onda su La 7, Barbano ha indirettamente confermato l’interpretazione qui prospettata, ribadendo i suoi giudizi critici nei confronti del contratto di governo targato M5S-Lega. Intervista per cui la conduttrice, Gaia Tortora, ha anche ricevuto numerosi insulti, motivati dalla mancata attivazione del programma in altre fattispecie simili. Polemiche che la giornalista ha liquidato con una secca smentita. A sottolineare, invece, il silenzio della rete sulla vicenda di Barbano è stato Enrico Mentana, per il quale i social ribollirebbero di indignazione se il licenziamento fosse avvenuto per motivazioni diametralmente opposte. Quello del direttore del Tg La7 è un punto di vista molto interessante, che lascia intendere quanto l’opinione pubblica possa essere influenzata dai trend del momento. Un buon giornalismo, indipendente e imparziale, è quello che serve per far fronte alle tendenze ondivaghe.