La Corte d’Appello ha condannato i giornalisti Maurizio Belpietro e Gianluigi Nuzzi alla pena di dieci mesi e venti giorni di reclusione per reato di ricettazione. Il codice penale (art.648) definisce la fattispecie di ricettazione come quell’azione di acquistare, detenere od occultare cose provenienti da un crimine; parimenti è responsabile di ricettazione chi si adoperi indirettamente per far acquistare, detenere od occultare detti beni. Ai fini della legge, si ha ricettazione quando il soggetto che ne è responsabile è diverso da colui che ha eseguito materialmente il crimine con il quale è venuto in possesso delle cose oggetto del reato.
La pronuncia costituisce un altro capitolo della vicenda giudiziaria che coinvolge i giornalisti e le catene di supermercati Coop ed Esselunga da circa otto anni. Oggetto del procedimento è la pubblicazione su “Libero”, quotidiano allora diretto da Belpietro, di intercettazioni relative a controlli su dipendenti Coop poco leali all’azienda in cui lavoravano. Le registrazioni sarebbero state fornite a “Libero” da Bernardo Caprotti, patron di Esselunga, che a sua volta le avrebbe ricevute da investigatori incaricati dalla stessa Coop. Le conversazioni sono poi state pubblicate a scaglioni sul quotidiano, a partire dal gennaio 2010.
La sentenza della Corte d’Appello ribalta il provvedimento in primo grado: l’accusa di ricettazione, da cui i due giornalisti erano stati assolti, è stata ritenuta fondata in seconda istanza. E’invece andato in prescrizione il reato di calunnia, sempre imputato ai due giornalisti. Infine per Caprotti, deceduto nel settembre 2016, è arrivata la sentenza di estinzione del reato per morte del reo. Il legale di Coop Lombardia, Giacomo Longhini, ha espresso soddisfazione per la dimostrazione della natura calunniosa delle accuse mosse alla cordata.