All’art. 21 della costituzione italiana, e all’art. 11 della carta di Nizza i legislatori, rispettivamente italiano ed europeo, hanno stabilito che la libertà e il pluralismo dell’informazione vanno tutelati. Strenuamente. Si tratta di una difesa irrinunciabile. Si tratta di mettere in salvo non solo la libertà delle popolazioni ad essere informate, ma anche e soprattutto di mettere in salvo delle vite. Quelle dei giornalisti che ogni giorno rischiano la pelle per fare il proprio lavoro mettendosi al servizio della loro professione.
Nella maggior parte dei casi le belle parole sulla tutela e sul rispetto di principi come questi, basilari per la democrazia, restano lettere d’intenti, privi di effettiva implementazione. E l’Italia, suddita di un potere mediatico concentrato nelle mani di pochi oligarchi dell’informazione quest’anno scivola al 44esimo posto della classifica annuale della libertà di stampa redatta da “Reporters sans frontieres”.
Sono cifre preoccupanti, quelle diffuse dall’organizzazione. La libertà di stampa lotta ogni giorno contro titani che non può battere. E il caso italiano ne è un esempio lampante. Il 44esimo posto del belpaese è dovuto a fattori diversi. La legge sulle intercettazioni, ormai passata al vaglio del parlamento, presentata da Clemente Mastella durante la scorsa legislatura è una delle tante falle del sistema dell’editoria italiana evidenziate da RFS. Il ddl del Ministro della Giustizia Alfano che ha continuato l’iter della legge Mastella prevede non solo forti limitazioni alla libertà d’informazione (in riferimento ai contenuti “pubblicabili”) ma anche pene e sanzioni che arrivano all’incarcerazione, nelle più gravi ipotesi di reato.
La normativa “liberticida” convive con la concretezza della minaccia costante e spietata della criminalità organizzata. Nel mirino delle mafie restano quei giornalisti “scomodi” che si spingono con le loro inchieste oltre il limite dello “scibile”, messi a tacere con eliminazioni fisiche, intimidazioni e minacce di morte.
Il dossier di RSF, in riferimento all’Italia, ricorda il tentato assassinio ai danni di Lirio Abbate, avvenuto qualche mese dopo la pubblicazione del libro “I complici” sulla connivenza della classe politica con le attività illecite del “padrino” Bernardo Provenzano. Non mancano riferimenti al caso Saviano, dal 2006 costretto a rinunciare ad una vita normale dopo la pubblicazione del best seller “Gomorra”, e alla vicenda che ha coinvolto il giornalista di Repubblica Giuseppe D’Avanzo, vittima di una perquisizione il giorno dopo aver annunciato l’apertura di un’inchiesta riguardante il tentativo di corruzione di alcuni senatori del centro-sinistra da parte di Silvio Berlusconi.
Lo spiraglio di luce che il dossier di RSF getta sulla situazione della libertà di stampa in Europa non è però trascurabile. Tra i primi venti paesi più “liberi” la maggior parte è dell’area dell’Unione Europea. Ma a livello congiunturale la stampa vive una crisi di portata enorme. Una crisi dalla quale fatica ad uscire e che difficilmente supererà senza dolori. Il calo degli introiti pubblicitari, l’aumento dei costi della carta non giovano alla salute della stampa, che reagisce alla crisi con tagli di organico e riduzione della foliazione, con conseguenze drammatiche per la sua qualità e la sua libertà.
L’Ue ha annunciato misure volte al monitoraggio dello stato della stampa, in particolar modo nell’ambito della libertà di informazione nei paesi membri: dal 2001 a oggi, il Parlamento europeo ha emanato una decina di risoluzioni in cui si chiedeva alla Commissione europea di affrontare la questione promuovendo una discussione sulla necessità di intervenire al livello comunitario per garantire la libertà d’informazione.
Tra le proposte avanzate nelle varie risoluzioni approvate dal Parlamento, ci sono state la promozione di un mercato europeo dei mezzi di informazione e la realizzazione periodica di libri verdi per monitorare lo stato della libertà di informazione nei paesi membri.
Dal 2007 la Commissione europea cura un documento in cui fa il analizza il pluralismo dei media nell’Unione europea.
Purtroppo non è abbastanza. Oggi più che mai è indispensabile ripensare al ruolo della stampa. Con riforme, investimenti, nuovi fondi. Perché la stampa non muoia è necessario agire subito. Ponendo la giusta attenzione alla libertà che questa richiede, affinché non resti in vita il solo fantoccio di quello che è, e può ancora essere il fiore all’occhiello dell’informazione mondiale.
(Serena Fusco)