Giornalismo e comunicazione online, in Italia tante ombre e criticità

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Giornalismo in Italia, il futuro è nel web. O forse no? L’orizzonte in cui si muove la comunicazione digitale in Italia è caratterizzato da poche risorse e attenzioni da parte delle istituzioni. Grande incertezza per tutti gli operatori dell’editoria online per un’informazione sul web che rischia seriamente di essere “non libera”

Giornalisti in rete, troppe ombre e criticità. Queste sono le considerazioni, in sintesi, che emergono da un sondaggio realizzato dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti (attraverso il gruppo Giornalismi) insieme all’Associazione Nazionale della Stampa Online sul giornalismo e l’editoria digitale in Italia. La ricerca indaga in particolare il giornalismo online “nativo”, e cioè slegato da testate su carta o emittenti radio e tv, che pure non se la passano un granché bene.

Attraverso una serie di interviste specifiche Odg e Anso hanno coinvolto alcuni giornali online in un sondaggio che conferma in maniera inequivocabile che chi fa seriamente informazione sul web vive una situazione di grande incertezza.

Sul sito dell’Ordine, infatti, si legge che gli imprenditori, da un lato, combattono con i conti che non tornano per la pubblicità insufficiente e con la paura delle cause che possono arrivare dai dipendenti se i contratti non sono sufficientemente ‘blindati’”. Viceversa i dipendenti si godono l’avventura di un lavoro che quando dà soddisfazioni non ha nulla da invidiare alle altre testate, anzi. Ma è talmente legato alle oscillazioni del mercato che ritrovarsi per strada può essere un attimo. Cosa vogliono entrambi? Semplice: un contratto adeguato e delle leggi che tutelino la categoria.

Particolarmente delicata è la situazione del fotogiornalismo. Qui le tecnologie, sottolineano gli addetti ai lavori, “ha prodotto una giungla che non vede il rispetto delle regole base di privacy, deontologia professionale e diritto d’autore”. Per i professionisti resta lo spazio per l’approfondimento, ma potrà davvero bastare?

A rendere la questione ancora più delicata c’è il fatto che, come spiega uno dei consulenti per l’indagine, Pier Luca Santoro, non è ancora chiaro quale sia il modello di business in grado di garantire adeguati ritorni economici. Alla ricerca hanno contribuito i consiglieri nazionali dell’Ordine Fabio Amoroso, Paola Cascella, Mario Derenzis, Franco Nicastro, Andrea Pattaro, Pino Rea, Mario Rebeschini, Gianfranco Sansalone e Alessandro Savoia, e, come consulenti esterni, Carmen Lentini, Andrea Morigi e, appunto, Santoro.

Una situazione sconfortante, evidenzia anche l’ex presidente dell’Anso, Betto Liberati, per di più in un momento storico come quello attuale in cui la multimedialità pervade ogni angolo della vita quotidiana dei cittadini, la mancanza di dati riconosciuti e certificati – non solo statistici – e disponibili in tempo reale sullo status di testate e aziende che fanno del tempo reale parte la propria missione”.

E adesso? Ora, si augura Liberati, non resta che sperare che, “grazie all’importante lavoro svolto con questa ricerca, si riesca a sensibilizzare le istituzioni affinché possa nascere un vero Osservatorio del comparto digitale”.


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