Corriere della sera, le manovre del ricco e bizzoso condominio di via Solferino

1
1918

Scosse sismiche intorno al Corriere della Sera. Ma sarà terremoto, come quello che ha cambiato i destini del gruppo Espresso-Repubblica con l’operazione Stampa-Itedi? O il mosaico di via Solferino è destinato a non subire – per ora – mutamente radicali?

Molto – ma certo non tutto – dipende dalla nomina del prossimo vertice di Confindustria. Se sarà l’emiliano Alberto Vacchi, potrebbe partire l’operazione-Rocca, al timone delle corazzate Techint e Tenaris e grande elettore di Vacchi. Il numero uno di Assolombarda, infatti, sogna (anche se ufficialmente smentisce) da mesi la fusione tra Corsera e Sole 24 Ore. E il blitz dell’avversario storico, Repubblica, può sicuramente influire su una accelerazione dei tempi. Anche perchè la “mossa” di casa De Benedetti è una ferita che brucia.

Racconta infatti un giornalista da anni in prima linea a via Solferino:Per mesi è andata avanti la trattativa tra Corsera e la Stampa, per una fusione. Del resto il gruppo Agnelli era l’azionista di maggioranza e quindi in via teorica i problemi potevano non essere insormontabili. Ma è stato il ‘condominio’ di via Solferino a schiamazzare, come al solito, garantendo l’immobilismo più totale, e bruciando la trattativa. Che invece i rampolli delle famiglie De Benedetti e Agnelli hanno siglato in una partita a due, senza altri galli nel pollaio”.

Del resto, come restare sorpresi dell’operazione Espresso-Repubblica-La Stampa-Secolo XIX se in questi mesi è andato in scena il valzer delle poltrone di direttore, con uno scambio perfetto tra le due “squadre”? Ossia un Mario Calabresi che dal vertice della Stampa passa a quello di Repubblica e un Maurizio Molinari che dagli Scalfari boys transita sulla poltrona di direttore a Torino? Due coincidenze fanno una prova (d’orchestra).

Ma riavvolgiamo il nastro e dettagliamo meglio il possibile scenario milanese, proprio in seguito alle ultime maxi operazioni editoriali che hanno letteralmente sconvolto lo scenario di casa nostra, con Mondadori-Rizzoli prima, poi a ruota il blitz De Benedetti-Fiat. E anche alla luce dei freschi dati di bilancio.

Proprio sui “numeri” già parte la tenzone Repubblica-Corsera. “Cresce il rosso Rcs, su debiti negoziati in stallo”, scrive il 23 marzo il quotidiano firmato da Calabresi. Che getta benzina sul fuoco: “Un 2015 chiuso con un rosso più pesante dell’anno precedente per Rcs”. E poi: “sulla trattativa con le banche per la rinegoziazione del debito è ancora buio pesto. In particolare Intesa Sanpaolo non sembra disposta a concedere sconti al gruppo”. E vengono sollevati “dubbi significativi sulla capacità del gruppo di continuare a operare sulla base del presupposto della continuità aziendale”. Diametralmente opposta la versione di casa Corsera, che già nei titoli suona la fanfara: “Rcs, centrati gli obiettivi 2015. E nel 2016 sale la pubblicità. Oltre 30 mila nuovi abbonati all’offerta online del Corriere”. E viene sottolineato: “Il board ha adottato il ‘presupposto della continuità aziendale’ poiché ritiene ‘ragionevole l’aspettativa che il gruppo possa disporre di adeguate risorse finanziarie’ per continuare a operare, considerando il negoziato in corso con le banche, il prossimo introito dai proventi netti della cessione di Rcs Libri a Mondadori sulla base di un prezzo concordato di 127,5 milioni di euro il cui closing è previsto per aprile, e l’approvazione da parte dell’assemblea del dicembre 2015 della delega per un aumento di capitale fino a 200 milioni da esercitarsi entro il 30 giugno 2017”. Ma sul fronte banche il percorso – ammettono i vertici RCS – è non poco accidentato, perchè esiste “una significativa incertezza in relazione al mancato raggiungimento, allo stato, di un accordo con le banche finanziatrici riguardo al mancato rispetto degli impegni finanziari al 31 dicembre 2015”: un peso sul groppone che sfiora il mezzo miliardo di euro, non robetta.

E se la salute finanziaria del Corsera certo non brilla, anzi, i problemi ora aumentano con l’uscita azionaria della strategica quota Fiat. Che fare? In un summit che si è svolto nelle ovattate stanze di Mediobanca – storico crocevia per i destini del quotidiano meneghino, per decenni leader nella carta stampata quotidiana a livello nazionale – gli azionisti di riferimento hanno, in parte, scoperto le loro carte. Tutti intenzionati, a quanto pare, a contribuire al necessario aumento di capitale, per ripianare i debiti crescenti e presentarsi in modo più “accorsato” all’eventuale, prossimo matrimonio: un lifting in piena regola, ma a suon di milioni. Per chi, del resto, ne ha già spese vagonate, che altro fare? “Prendiamo un Della Valle – osserva il giornalista del Corsera – ha già investito 90 milioni e passa e senza contare niente, adesso che fa, lascia tutto? Non gli resta che aprire di nuovo il portafogli”. Per gli altri pezzi da novanta nel ricco, variegato e litigioso “condominio” di via Solferino il discorso è più o meno lo stesso. Banca Intesa ha fatto capire che ha intenzione di sottoscrivere l’aumento, proprio per ridurre il rosso al quale è fortemente “interessata”, come appena visto, in quanto “creditrice” da non poco di Rcs: una duplice, ormai “patologica” veste, che spesso caratterizza le nostre “razze padrone”. Un altro big, Unipol, non ha problemi di liquidità, viste le molteplici diversificazioni oltre polizze assicurative & credito: una partecipazione ereditata dall’ex impero Ligresti-Sai, e “coccolata” dall’ex “sinistra” impresa tutta Lega & solidarietà, oggi trasformata in una piccola corazzata del capitalismo de noantri. Il gruppo Cairo a quanto pare è della partita, anche se i problemi delle sue testate non sono da poco: investirà lo stretto necessario.

Defilato, per ora, il gruppo Caltagirone. Sentiamo ancora il nostro giornalista milanese: “Potrebbe riservare una sorpresa, anche se ci credo poco. I Caltagirone non hanno problemi di liquidità, avendo già investito, regolarmente a perdere sotto il profilo economico, enormi cifre con il Messaggero e il Mattino. Ma lì dettano legge, mentre nel Corsera avrebbero a che fare con il pollaio condominiale. E si sa, Francesco Gaetano Caltagirone vuol comandare da solo. E a quanto pare non intende mollare sul versante dei giornali locali, soprattutto al centro-sud, come dimostrano anche il Nuovo Quotidiano di Puglia, il Corriere Adriatico, Leggo”.

Sul tavolo, comunque, pesano le cifre. E un conto della spesa non è fuor di luogo. I fautori della “continuità condominiale” – pur aggravata dai problemi crescenti – fanno notare che le casse di RCS verranno comunque riossigenate dall’operazione Mondazzoli, ormai prossima alla ratifica finale da parte dell’Antitrust: quasi 130 milioni tondi in cassa. C’è poi il tesoretto della Gazzetta dello Sport, che con l’annesso Giro d’Italia porta altre consistenti entrate. Quindi gli aumenti dei soci, che mettono mano alla tasca. Si può andare avanti così per un paio d’anni. Ma prima o poi viene la resa dei conti”. E mancherà all’appello, il 1 gennaio 2017, un altro tesoretto: ossia il budget pubblicitario che la stessa RCS raccoglieva sul fronte nazionale (mentre la PK si occupava del locale), 20 milioni circa che passeranno in un sol colpo nelle casse della Manzoni, che da sempre gestisce la pubblicità per il gruppo Espresso-Repubblica. Ma ecco, su tale fronte, rispuntare la sagoma di Caltagirone. E’ infatti fresco l’accordo raggiunto tra RCS, Caltagirone Editore e Piemme – da anni concessionaria per la pubblicità dei media del gruppo romano – per la gestione della raccolta, sia cartacea che online, per le edizioni locali (Friuli, Veneto, Lazio, Campania, Calabria) dei quotidiani RCS. Prove di fidanzamento?

Ma ecco che dal cilindro di via Solferino potrebbe uscire un coniglio nuovo di zecca, Gianfelice Rocca, candidato numero uno per le possibili nozze. L’uomo a un passo dal timone di Confindustria per ben due volte (era in pole position nel dopo Marcegaglia, lo è stato a lungo nella corsa al post Squinzi, preferendo poi il ruolo di king maker). A un passo dalla candidatura a sindaco di Milano, sia per il centrodestra che (sic) per il centrosinistra: “del resto – fanno notare in Assolombarda – Sala e Parisi sono due controfigure sbiadite e perfettamente intercambiabili”. Lui, candido, smentisce. E con maggior forza smentisce il presidente del cda di Sole 24 Ore, l’ottantaduenne Benito Benedini: avvitato a quella poltrona che rischia di passare proprio a Rocca, per la regia di Vacchi, ponte di comando da cui “trattare” l’affare Corsera.

Ha preferito restare dietro le quinte, Gianfelice Rocca, seguire da vicino i destini del suo impero economico, e in particolare i gioielli di famiglia Tenaris e Techint: la prima leader dell’acciaio a livello internazionale e big dell’industria argentina; la seconda impelagata (con il nostro colosso pubblico Snam) nel maxi scandalo per corruzione internazionale che coinvolge la brasiliana Petrobras, “l’inchiesta “Lava Jato”, la Mani pulite carioca che sta mandando in tilt gli equilibri istituzionali del Paese (rischio di impeachment per la presidente del partito dei lavoratori – sic – Dilma Roussef, la presidente fantoccio di Ignacio Lula da Silva).

E’ impegnato in prima persona, Rocca, anche nella nuova mission lanciata dall’esecutivo Renzi, lo Human Technopole che dovrà sorgere sulle aree milanesi dell’Expo. Un business milionario che fa gola a molti e che già vede sul piatto – senza che sia stato previsto alcun bando pubblico né alcuna programmazione ad hoc – 150 milioni all’anno, capofila l’Istituto Italiano di Tecnologia acquartierato a Genova, che già riceve 150 milioni pubblici annui. Ma la torta milanese è destinata a crescere. E a farsi sempre più ghiotta.

Cosa di meglio che un Rocca a capo della nuova band che può nascere dal matrimonio Corsera-24Ore, per cantare le future sorti & progressive del Maxi Polo per la Scienza? Per la musica nuziale la scelta è d’obbligo: ‘O Sole mio…

1 COMMENTO

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome