Il segretario Uspi tira le somme di questi primi mesi di dibattito sul fondo pubblico per l’editoria: una riforma è necessaria, ma non deve limitarsi alla carta stampata
Il fondo pubblico per l’editoria non è sufficiente, bisogna lavorare tutti insieme per la riforma di settore, ma parlando di tutta la comunicazione e non solo dell’editoria, e il primo passo è stato fatto: il Governo ha esplicitamente confermato di voler mantenere il contributo pubblico. E’ quanto afferma il segretario dell’Unione stampa periodica italiana (Uspi), Francesco Saverio Vetere che insieme all’Alleanza delle Cooperative Italiane Comunicazione, Mediacoop, Federazione Italiana Liberi Editori, Federazione Italiana Settimanali Cattolici, Federazione Nazionale Stampa Italiana, Articolo 21, Sindacato Lavoratori della Comunicazione CGIL, Associazione Nazionale della stampa Online sta portando avanti la campagna #MenoGiornaliMenoLiberi su Facebook e Twitter.
Fondi insufficienti, ma il Governo è favorevole
Secondo Vetere “i fondi sono insufficienti, sono state fatte delle aperture da parte del Governo sia sui fondi che sulla legge di riforma del settore. La cosa più importante, però, è che il Governo, questo Governo, non ha mai espresso contrarietà rispetto al contributo pubblico all’editoria. Anzi i rappresentanti del sottosegretario hanno già ribadito che il Governo è favorevole al contributo pubblico”. Il segretario Uspi specifica che esiste un preciso impegno a portare avanti il discorso del contributo pubblico riformandolo anche per allargarlo a tutte le nuove tipologie di mezzi di comunicazione. “Però a questo punto il fondo, almeno nell’immediato, dovrebbe essere rifinanziato (sia per gli arretrati che anche per la continuazione nel 2015) e poi la continuazione dovrebbe aversi nella riforma. Questo rappresenta un valore di salvaguardia di pluralismo e occupazione, ma soprattutto pluralismo: il contributo pubblico si spiega perché in sua assenza i giornali sarebbero solo espressione di grandi potenze economiche come banche, multinazionali o centri d’interesse. Allora non sarebbe un vero pluralismo informativo, ma i mezzi di comunicazione sarebbero in mano a soggetti forti che vogliono orientare il Governo e a quel punto non ci sarebbe una stampa libera. La cosa importante è questa: noi abbiamo temuto che si iniziasse a pensare che il contributo non dovesse essere più erogato e che si lasciasse tutto al libero mercato. Il Governo ha invece ribadito il contrario”, prosegue Vetere.
Il momento dei fatti
Ora bisogna rifinanziare e riformare bene in modo che si possa continuare a lavorare. Nell’immediato bisogna permettere a chi ha diritto al contributo pubblico di avere quello che gli spetta per non dover licenziare dipendenti o chiudere, e questo è un altro punto fondamentale in questo momento storico.
“Sono state poste le basi per un dialogo costruttivo – dichiara il segretario Uspi – però adesso a questi impegni dovrà corrispondere l’azione del Governo, per cui ci aspettiamo di venire convocati ancora per portare avanti un lavoro comune sulla riforma dell’editoria”. Ma in realtà la riforma dovrebbe abbracciare tutto il settore della comunicazione (come già detto anche da Bagnardi, Zanotti e Calari) e un cambio di denominazione al fondo potrebbe dargli una nuova connotazione.
“Ribadisco però che la cosa più importante è che il Governo abbia detto chiaramente che il contributo pubblico va mantenuto. Questa è la base perché se ci fosse del non detto ci sarebbe da preoccuparsi. Il Governo invece è uscito fin da subito allo scoperto dichiarando di voler mantenere il principio e di voler lavorare insieme ad associazioni e federazioni di settore alla riforma. La chiarezza è molto importante, tutto viene di conseguenza, la riforma, i finanziamenti… e non è certo poco. Penso e spero che a breve ci incontreremo di nuovo per continuare questo discorso”, conclude Francesco Vetere.