Da una parte Rai e Mediaset. Dall’altra le tv locali. Nel mezzo il balletto dei contributi per i diritti d’uso delle frequenze televisive in tecnica digitale. Nel decreto Milleproroghe sono previste norme sui canoni da corrispondere per l’uso delle frequenze Tv. Finora ci si era limitati a prevedere che tutti corrispondessero entro gennaio il 40% di quanto avevano pagato nel 2013, in attesa che il Governo decidesse come eventualmente mettere mano al provvedimento Agcom in materia, emanato lo scorso anno fra le proteste generali. Il Governo era intervenuto con provvedimenti tampone, senza far capire quali fossero le sue intenzioni in materia e lasciando irrisolti altri problemi gravi come quello dei diritti amministrativi, a loro volta onerosissimi per le Tv locali. La riformulazione degli emendamenti all’articolo 3 (per ora interamente accantonato dalla commissione, che altrimenti sarebbe stata bloccata dai forzisti) dice che «l’importo dei diritti amministrativi e dei contributi per i diritti d’uso delle frequenze televisive in tecnica digitale, dovuto dagli operatori di rete, è determinato con decreto del ministero dello Sviluppo economico in modo trasparente, proporzionato allo scopo, non discriminatorio ed obiettivo sulla base dell’ambito geografico del titolo autorizzato». Una formulazione che tra l’altro elenca i criteri (il modo «trasparente, proporzionato e non discriminatorio», appunto) indicati nella lettera che la Commissione europea aveva spedito all’Authority per le comunicazioni il 18 luglio scorso, contestando la bozza della delibera della stessa Agcom, approvata poi a fine settembre, sui criteri per la fissazione del canone per l’uso delle frequenze. Una delibera che aveva ridotto gli importi, perché il dovuto non era più calcolato sull’1% del fatturato dei broadcaster, ma trasferito sugli operatori di rete (Raiway e Ei Towers per Mediaset) legandolo alla quantità e alla qualità delle frequenze utilizzate e non ai fatturati. Una delibera già messa in discussione dal governo, che con un decreto del ministero dello sviluppo firmato dal sottosegretario alle comunicazioni Giacomelli, approvato il 29 dicembre e entrato in gazzetta ufficiale il 19 gennaio, era sì tornato al vecchio calcolo basato sull’1% del fatturato, ma stabilendo che dovesse essere pagato, entro il 31 gennaio, solo un acconto del 40% della somma versata nel 2013. In attesa della fissazione definitiva della somma da parte dello stesso ministero. In sostanza in base a questa norma Rai e Mediaset sarebbero chiamate a ridistribuire agli altri operatori una cifra che si aggirerebbe sui 50 milioni di euro. Il pagamento sarebbe previsto entro il 30 giugno, mentre finalmente per le Tv locali si prenderebbe atto che le richieste attuali di oneri sono insostenibili e si agirebbe di conseguenza.