Il cdr dell’Unità scrive a Renzi:”Ora ripartiamo. Il giornale deve tornare in edicola”

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La prima pagina di un numero dell'Unità con in evidenza il nome della testata

unitàCaro segretario, sull’Unità è arrivato il momento dei fatti. Non è solo la redazione che te lo chiede, cioè quella ‘famiglia’ di giornalisti che da oltre un mese è stata estromessa dal suo mondo professionale. E neanche solo l’azienda, con quel drappello di poligrafici che oggi combatte assieme a noi per sostenere la testata. Al nostro fianco ci sono migliaia di volontari, che alle feste de l’Unità ci hanno accolti come fratelli, che hanno sottoscritto l’appello per la riapertura, che hanno chiesto lumi sui motivi della chiusura. Quelli de l’Unità sono più di una famiglia: sono una vera comunità di cui il Pd è parte integrante e qualificante. La chiusura è stata una ferita profonda e traumatica, sulle cui cause ancora non si è ragionato abbastanza: le offerte c’erano, è mancata un’intesa politica per renderle operative. Un fatto grave, per la spregiudicatezza con cui è stato condotto e per i pesanti effetti che ha avuto (una testata svalutata, 80 famiglie finite nel limbo della cassa integrazione). Un fatto che tuttavia contraddice le considerazioni di chi giudica l’Unità un giornale fuori mercato e fuori tempo, e ‘giustamente’ chiuso. Sappiamo che non è così (anche se troppo spesso questo filone di pensiero fa capolino sulle altre testate), sappiamo che diversi imprenditori sono pronti a investire. E il primo a saperlo sei proprio tu, che hai rilanciato il valore della testata ridando il suo nome alle feste del partito e che hai definito questo brand un marchio di sicuro successo, assieme ai lavoratori che finora lo hanno tenuto sul mercato. Abbiamo apprezzato quel gesto, così come apprezziamo le frequenti rassicurazioni che giungono dal partito. Ma ora il tempo delle promesse è finito: 38 giorni fuori dalle edicole senza un piano preciso per ripartire sono troppi.

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