Oggi non è un giorno come gli altri; non lo è perché l’ennesimo giornale chiude. E non si tratta di un foglio come gli altri. Non è uno come i tanti che hanno chiuso in questi anni, Il Corriere di Firenze, il Corriere del Giorno a Taranto, Bari Sera, Epolis, e poi, ancora, Il Riformista, La Voce Repubblicana, pagine morte dietro crisi aziendali, schiacciate dai numeri duri del mercato.
Questa volta a chiudere è l’Unità, giornale fondato da Gramsci e che è sopravvissuto al ventennio, alla ricostruzione degli anni cinquanta, al boom economico degli anni sessanta, alla deriva terroristica degli anni settanta, allo yuppismo degli anni ottanta, alla seconda repubblica degli anni novanta; l’Unità ha accompagnato i militanti ed i simpatizzanti di quello che fu il Pci e poi divenne una cosa e poi Pds e poi Ds ed infine Pd, passando per querce ed ulivi, in una crisi d’identità che avrebbe travolto chiunque, tranne chi in quelle cose credeva; aiutato dal filo conduttore di un giornale rosso con i conti sempre in rosso.
Un giornale che fa parte del patrimonio storico e culturale di questo Paese, nel bene, le grandi battaglie popolari, e nel male, per questo basti vedere lo splendido Magazzino 18 di Cristicchi.
Ma un giornale, qualsiasi giornale, è fatto di cose buone e cose non buone, l’opinione si forma su certezze e dubbi. Oggi ha vinto la sua battaglia chi crede che l’informazione debba rispondere al valore dei numeri, ricavi – costi, come se la cultura ed il pensiero fossero detersivi, palazzi, cose da compare e vendere. Esulta chi da tempo auspica la chiusura dei giornali, colpevoli, a loro dire, di non fare una corretta informazione, ma senza sprecare una parola per chiarire cosa intendono loro per buona informazione. Alla ricerca di una verità che si potrà trovare solo nel pensiero unico, le pravde dei massimalisti di ogni tempo. L’auspicio è che la politica prima ed il Pd poi si chiedano che cosa significa accettare passivamente la chiusura di un giornale come l’Unità. Il silenzio che ha accompagnato la chiusura delle decine di quotidiani chiusi negli ultimi tre anni depone male, molto male.