Pubblicità mascherate, l’Antitrust censura Vanity Fair

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pubblicita_onlineL’Antitrust censura il settimanale Vanity Fair per avere pubblicizzato McDonald’s e Pepsi in maniera poco trasparente. A darne notizia è ilfattoalimentare.it che spiega com’è andata: il settimanale ha pubblicato due publiredazionali a pagamento, “cioè finti articoli che decantano solo virtù e pregi delle aziende”. “In altre parole sono pubblicità”. Per McDonald’s il servizio illustrava le colazioni che si possono ordinare al mattino, per Pepsi un servizio di 4 pagine intitolato “Il rap parla italiano” proponeva la fotocronaca di un concerto al Forum di Assago. Il problema è che in questi casi i lettori vengono facilmente confusi da interviste o approfondimenti dalla natura ambigua. Infatti scritte come “Vanity Fair per McDonald’s o per Pepsi” dovrebbero far capire al lettore che si tratta di pubblicità, ma sono posizionate ai margini delle pagine e con caratteri minuscoli. Per questo l’Antitrust ha censurato queste “pubblicità mascherate” e Condé Nast si è impegnata, d’ora in poi, a inserire negli articoli la scritta “VANITY FAIR PROMOTION” oppure “ADVERTISEMENT”. Roberto La Pira, direttore de ilfattoalimentare.it spiega che “in linea di principio la decisione è interessante perché l’abitudine dei giornali a scrivere finti articoli a pagamento è molto diffusa, ma l’inserimento di due parole inglese per fare capire al lettore che in realtà sta leggendo una pubblicità, oltre che del tutto insufficiente, desta qualche perplessità. Forse andava detto qualcosa in più sulle dimensioni delle scritte e anche sulla modalità di impaginazione. Solo in questo modo è possibile rendere immediatamente distinguibile il vero articolo da questa sottospecie di pubblicità a pagamento che molti direttori propongono a dispetto di ogni norma deontologica”.

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