Nella finanziaria 2010 approvata in via definitiva ieri dal Senato ed in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale sono state, come noto, apportate alcune modifiche alla normativa in tema di sostegno pubblico all’editoria.
L’articolo di riferimento è il 2 rubricato disposizioni diverse.
Particolare rilievo assume il comma 62 che limita il diritto ai contributi agli stanziamenti iscritti sul bilancio della Presidenza del Consiglio dei Ministri. La norma ha un effetto dirompente sull’intero sistema, in quanto rende incerto il diritto nel quantum.
Si segnala che il riparto proporzionale avviene fatte salve le risorse da destinare alle convenzioni (in particolare modo la Rai e le principali agenzie) il che significa che le risorse stanziate a favore dell’editoria sono di fatto postergate rispetto a questi altri impegni. Ricordiamo che allo stato le risorse disponibili sul capitolo di spesa sono insufficienti rispetto al fabbisogno per il 2010 (contributi 2009) e praticamente risibili per il 2011 (contributi 2010).
Il comma 62 riguarda le sole imprese editrici di testate organo di movimenti politici in possesso del requisito della rappresentanza parlamentare alla data del 31 dicembre 2005 per le quali è possibile editare una di queste testate anche sotto forma diversa da quella della cooperativa giornalistica, in disapplicazione del comma 460 dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (a tenore del quale le imprese editrici di nuova costituzione devono essere cooperative). La norma in oggetto serve a sanare la situazione di un solo giornale (Il Secolo d’Italia).
II comma 63 ha una formulazione che definire astrusa è poco. E la riproponiamo testualmente: “L’importo di ciascuna annualità di cui all’articolo 2, comma 135, del decreto-legge 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 novembre 2006, n. 286, può essere rimodulato per lo stesso periodo di rimborso, in relazione al mancato pagamento dell’annualità 2009. La presente disposizione entra in vigore il giorno stesso della data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.
Conseguentemente, le somme versate all’entrata del bilancio dello Stato e riassegnabili nell’anno 2009 ai sensi degli articoli 1, comma 358, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e 148, comma 1, della legge 23 dicembre 2000, n. 388, che, alla data di entrata in vigore della presente legge, non sono state riassegnate alle pertinenti unità previsionali del bilancio dello Stato, per l’importo di 45 milioni di euro, sono acquisite all’entrata del bilancio dello Stato a compensazione degli effetti derivanti dall’attuazione del primo periodo”.
Ma in realtà esiste una traduzione il cui risultato non conforta. In pratica con questo comma i 45 milioni di euro utilizzati per pagare interamente i contributi 2008, reperiti attraverso una rimodulazione del debito nei confronti delle Poste S.p.A. da parte della Presidenza del Consiglio dei Ministri, vengono recuperati al bilancio dello Stato, sottraendo di fatto ulteriori risorse da quelle, già insufficienti, a disposizione di competenza dell’esercizio 2010.
Il comma 216 modifica il codice penale prevedendo che, in caso di pubblicazione della condanna alla pena di morte o all’ergastolo sui giornali, questa debba avvenire unicamente mediante indicazione degli estremi della sentenza e dell’indirizzo internet del sito del Ministero della giustizia. La stesse modalità sono previste dai commi 217 e 218 nei casi delle condanne richiamate dall’art. 171-ter della legge 22 aprile 1941, n. 633 e del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231.
In poche parole la norma vuole ridurre le inserzioni sui giornali prevedendo che la condanna non venga riportata per esteso ma esclusivamente con l’indicazione degli estremi della sentenza. Nello stesso tempo, però, viene mantenuto l’obbligo della pubblicazione su “uno o più giornali designati dal giudice”.