Continua la telenovelas del DDL Levi sul riordino dell’editoria e molti parlamentari, perfino qualche Ministro, ci vedono ancora poco chiaro sulla faccenda. Lo dimostra il fatto che tutti hanno interpretato a loro modo l’art.6 del DDL riguardo l’impatto che avrebbe l’approvazione del Testo su internet e sui blog. Il primo commento è stato quello del Ministro Di Pietro (Idv). Queste le sue parole a proposito:” Il ddl vada bloccato”, perché “metterebbe sotto tutela internet in Italia e ne provocherebbe la fine”. Parla di “una legge liberticida”, e conclude: “Per quanto mi riguarda, questa legge non passerà mai, a costo di mettere in discussione l’appoggio dell’Idv al governo”. Poi è stata la volta dei Verdi che per bocca del segretario Pecoraro Scanio (già Ministro) annuncia:”Bisogna bloccarlo per evitare restrizioni per chi apre un blog e consentire a tutti gli utenti di parlare liberamente preservando la democrazia web”. Per il ministro dell’Ambiente, “essendo un disegno di legge, per l’approvazione dovrà passare in Parlamento e lì sarà possibile apportare modifiche e migliorare il testo. In merito si è espresso anche Sergio Bellucci, responsabile Comunicazione e innovazione tecnologica del Prc:”Le risorse pubbliche devono essere usate per aumentare il pluralismo della comunicazione nella carta stampata e in internet” ma la riforma “dev’essere ispirata al criterio di regalare meno soldi ai grandi gruppi e aumentare le capacità di comunicazione dei piccoli gruppi e dei singoli cittadini”. Non poteva mancare il commento di Levi che si è affrettato a dare a tutti maggiori spiegazioni del suo “parto”: “Il DDL è per promuovere la riforma del settore dell’editoria, a sostegno del quale lo Stato spende somme importanti”, per “tutelare e promuovere il pluralismo dell’informazione”. Nessuna intenzione “di censurare il libero dibattito” ma quella di “creare le condizioni di un mercato libero, aperto e organizzato”. In programma, a questo scopo, l’abolizione della registrazione presso i tribunali, finora obbligatoria per qualsiasi pubblicazione, sostituita “dalla registrazione presso il Registro degli operatori della comunicazione tenuto dal Garante per le comunicazioni”. Levi insiste: “Con l’obbligo della registrazione non pensiamo al ragazzo che realizza un sito o un blog ma a chi, con la carta stampata, e con internet, pubblica un vero prodotto editoriale e diviene un autentico operatore del mercato dell’editoria”. Ma non aveva fatto ancora i conti con Folena, presidente della commissione Cultura della Camera che sulla questione si è espresso categoricamente:”Chi fa un blog non è un editore. Quindi non deve sottostare a nessuna regola particolare riguardante la stampa o gli operatori della comunicazione. Anche io ho un blog, e un blog è un diario. Nel quale, certo, si può fare informazione. Così come esistono migliaia di siti. Quindi – conclude – va chiarito che chi fa informazione amatoriale online, così come è oggi, se vuole usufruire dei vantaggi della legge sulla stampa si iscriverà al tribunale, altrimenti non deve iscriversi da nessuna parte. Un conto è la professione, l’impresa, altro è la libera circolazione di idee e informazioni”. Nessuno di loro ha chiarito definitivamente la cosa più importante cioè la definizione, senza alcun equivoco di “prodotto editoriale”. Il DDL Levi inizia proprio con questa definizione. O nessuno ci ha capito nulla oppure nemmeno lo hanno letto. Ricordiamo a scanso di equivoci che il 12 ottobre il CDM ha approvato in maniera definitiva il DDL. Dov’erano il Ministro Pecoraro Scanio ed il Ministro Di Pietro?