ITERCETTAZIONI E LIBERTA’ DI STAMPA: UN PRECEDENTE NELLA GIURISPRUDENZA EUROPEA

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Con la sentenza del 7 giugno 2007 (Presidente Zupancic; Dupuis e altri contro Francia) la Corte di Strasburgo ha condannato la Francia per violazione dell’art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, stabilendo la prevalenza del diritto dei giornalisti di pubblicare notizie su indagini in corso rispetto all’esigenza di segretezza delle attività giudiziarie. Questo anche quando si ipotizza una violazione del segreto istruttorio e i giornalisti pubblicano verbali di intercettazioni acquisite illegalmente dalle autorità pubbliche.
La Corte è giunta alla conclusione che la pubblicazione di atti e di intercettazioni telefoniche, contenute in un fascicolo processuale, coperto da segreto istruttorio, non può essere considerata in modo automatico come commissione di illecito. Spetta allo Stato individuare e provare in che modo la pubblicazione da parte di un giornalista di atti riservati lede il diritto al processo equo e alla presunzione di innocenza di un individuo citato in un articolo. Un’ammenda pecuniaria, che il giornalista è tenuto a pagare a seguito di un’azione civile contro di lui, può costituire un’ingerenza nel diritto alla libertà di espressione anche qualora sia di modesta entità, perché può determinare un effetto dissuasivo su colui che fornisce notizie.
Il fatto prende il via in Francia, dove due giornalisti avevano pubblicato un libro (Les oreilles du Président) descrivendo una scottante vicenda che riguardava il periodo della presidenza di Mitterand. L’Eliseo, al fine della lotta al terrorismo, aveva effettuato diverse intercettazioni telefoniche, anche nei confronti di giornalisti e avvocati. Un componente del Gabinetto, era stato indagato per violazione della vita privata. Quest’ultimo, a seguito della pubblicazione del libro, aveva querelato i due giornalisti per ricettazione di documenti che provenivano da una sicura violazione del segreto professionale.
Nel corso del procedimento i due giornalisti non avevano rivelato le fonti, respingendo le accuse. I tribunali interni avevano condannato i due giornalisti perché i verbali pubblicati provenivano da un fascicolo non accessibile se non da soggetti tenuti al segreto istruttorio, condannando i giornalisti per l’illecito di ricettazione. Una conclusione confermata dalla Corte d’appello.
La Corte europea, ribaltando la situazione, ha condannato la Francia per violazione della libertà di espressione, un diritto garantito dall’art. 10 della Convezione dei diritti dell’uomo, che include “la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza ingerenza alcuna da parte delle autorità pubbliche”. Sono ammesse delle limitazioni ma solo se sono previste dalla legge e solo se sono “misure necessarie, in una società democratica, per la sicurezza nazionale, l’integrità territoriale o l’ordine pubblico, la prevenzione dei disordini e dei reati, la protezione della reputazione o dei diritti altrui, per impedire la divulgazione di informazioni confidenziali o per garantire l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario”. La Corte, nel bilanciamento tra i diversi diritti in gioco, mette al primo posto la libertà di espressione, considerata “uno dei fondamenti essenziali di una società democratica”, che impone la predisposizione, da parte dello Stato, di misure di tutela ampia per coloro che svolgono la professione giornalistica, proprio per consentire un’informazione su tutte le questioni di interesse generale e, soprattutto, su quelle scottanti.
Riguardo al caso in questione, la Corte riconosce che anche i giornalisti sono tenuti a a “rispettare le leggi penali” ma, malgrado i dubbi sulla provenienza illecita dei documenti pubblicati, sostiene che si sarebbe dovuto privilegiare il diritto a informare e quello dell’opinione pubblica a conoscere fatti scottanti, come quelli riguardanti una sorta di “grande fratello” organizzato dai vertici dello Stato senza rispettare la legge.
Ma la corte europea fa un ulteriore passo avanti, decisivo nella protezione dell’attività giornalistica perché stabilisce l’onere della prova sullo Stato. Non basta che i verbali delle intercettazioni siano coperti da segreto istruttorio per far scattare la colpevolezza del giornalista ma è l’autorità a dove dimostrare in che modo la pubblicazione di quegli atti possa incidere sul diritto alla presunzione di innocenza di un individuo citato in un articolo. Inoltre, la Corte condanna il sistema di pene previste dallo Stato francese. La previsione di ammende può intaccare la libertà di espressione perché può avere un effetto dissuasivo a prescindere dall’entità dell’importo disposto.
La sentenza Dupuis tutela il giornalista prevedendo che la pubblicazione di atti coperti da segreto e di intercettazioni telefoniche non è di per sé vietata e anzi può essere utile a dimostrare la veridicità delle informazioni offerte al pubblico. La sentenza ha influenza anche sull’Italia perché, secondo l’articolo n. 117, comma 1 della Costituzione, lo Stato italiano è vincolato nella sua potestà legislativa dai vincoli determinati dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. Pertanto, nel caso di una legge nazionale contraria all’art. 10 della Convenzione europea il giudice interno sarebbe tenuto a sollevare una questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art, 117.
Fabiana Cammarano

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