Il 5 agosto 2008 sarà un giorno da ricordare. Oggi, infatti, con il voto di fiducia sulla Manovra imposto dal governo alla Camera, subiranno un colpo che potrebbe rivelarsi mortale decine di testate giornalistiche, tra le più piccole e le più libere, del patrimonio dell’informazione italiana: giornali “costruiti” con anni di sacrifici da cooperative di giornalisti e poligrafici, quotidiani di idee, periodici: tutti colpiti dalla scure di Tremonti. Dovrebbe essere cancellato dal voto di fiducia, infatti, il diritto soggettivo ai contributi stabilito per legge e dovrebbe essere sancito il taglio dei soldi messi a bilancio.
Tremonti non è stato il primo
A dire il vero il ministro Tremonti non è stato il primo a cercare di cogliere questo bersaglio. Ma potrebbe essere il primo a riuscirci. Anzi – ammettiamo francamente – è a un passo dal farlo. n molti, nel centro-sinistra e nel centro-destra, ci avevano provato negli ultimi anni. In verità. Ricardo Franco Levi, per conto di Prodi e Paolo Buonaiuti, portavoce di Berlusconi avevano passato molto del loro tempo, negli ultimi anni, a elaborare “progetti di riforma” dell’editoria (con polemiche tra loro ma anche con convergenze) che separassero l’erba buona da quella cattiva ma i loro progetti di riforma dell’editoria sono destinati a finire nelle prossime ore, nel cestino della carta straccia, se la Camera approverà la Manovra di Tremonti. Del resto il terreno era stato preparato, negli ultimi mesi, da campagne miopi o interessate che avevano sollevato il tema dei contributi pubblici all’editoria, mettendo l’accento sugli sprechi di denaro pubblico e sulle storture di alcuni finanziamenti e non sulla realtà di un “mercato” profondamente distorto, che avvantaggia i big dell’informazione della tv e della carta stampata e danneggia tutti gli altri.
Mentre fulmini e saette si scatenano sui contributi diretti dell’editoria che vanno ai giornali cooperativi e simili, nessuno tocca il mitico fondo dei Contributi postali. Alla Mondadori, ad esempio, vanno quasi 20 milioni annui per i suoi abbonamenti, che sono stati decisivi, negli ultimi anni, per portarle i bilanci in utile.
Questi fondi, naturalmente, Tremonti non li tocca (sarà un originale, non un pazzo!), così come non sfiora quelli, analoghi per ricchezza di risorse, di altri big, come IlSole24 Ore, Repubblica-l’Espresso e così via.