Da un lato i tagli della Spending Review. Dall’altro le difficoltà degli editori dei periodici, costretti a fare i conti con le minori entrate di vendite, raccolta pubblicitaria e contributi pubblici. La quinta giornata formativa organizzata dall’Uspi, l’Unione stampa periodica italiana, negli spazi della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, è stata l’occasione di un confronto sul tema dei contributi e delle agevolazioni all’editoria, ridotti drasticamente negli ultimi anni proprio in nome della riduzione della spesa pubblica. Le difficoltà del comparto sono state rappresentate da Francesco Vetere, segretario generale dell’Uspi, di fronte al capo dipartimento Editoria, Ferruccio Sepe. In particolare, Vetere ha espresso preoccupazione per l’abolizione delle agevolazioni postali, che “ha ridotto da 211 milioni a 60 milioni il numero di periodici spediti dalle Onlus”. “L’attenzione mediatica – ha sottolineato – si è concentrata sulle agevolazioni per i grandi gruppi, come il Corriere della Sera, trascurando il danno prodotto a tanti piccoli periodici e per le tipografie”. E c’è chi, come Don Giorgio Zucchelli, vicepresidente Uspi e presidente della Federazione italiana settimanali cattolici, in questa situazione di crisi ha provato soluzioni alternative: “Abbiamo organizzato una distribuzione autonoma, facciamo lavorare giovani del territorio e, soprattutto, non subiamo il disagio dei ritardi nella consegna. Al dipartimento per l’Editoria, però, chiediamo se possano essere introdotte forme di incentivi per queste iniziative”. Rispondendo alle domande degli editori (presente anche il direttore di Radio Radicale, Paolo Martini), il capo dipartimento Sepe ha assicurato che i contributi diretti per l’editoria saranno confermati fino al 2015. “Il sussidio pubblico all’editoria – ha detto il “rappresentante” del ministro – non esiste solo in Italia, come il Movimento 5 Stelle sostiene, ma anche in altri Paesi europei. E’ legittimo presentare un disegno di legge per l’abrogazione del contributo, ma bisogna dire la verità. In Italia il costo per lo Stato è di 43 euro per cittadino, in Francia o Belgio di 100 euro per cittadino”. Nel far proprie le preoccupazioni degli editori, Sepe ha anche espresso l’impegno del governo e del sottosegretario Legnini a tenere in vita questa forma di sostegno. “E’ vero, il contributo diretto è passato negli ultimi anni da 250 milioni a 95 milioni, che diventeranno 50 per il prossimo anno, perché 45 milioni erano una tantum. Se consideriamo le risorse gestite a vario titolo dal dipartimento, tra cui credito d’imposta sulla carta, agevolazioni postali, questo comparto ha visto ridurre i fondi da 700 milioni di euro a 142 milioni per il 2014 e 144 per il 2015”. Il passaggio dalla carta al web, però, non si concretizza ancora del tutto: “Beneficiarie sono quelle aziende editoriali che esistono già sulla carta e decidono di investire, in via esclusiva o parallelamente, sul web”. I controlli, ha assicurato il capo dipartimento per l’Editoria, sono sempre più serrati: “in sintonia con la Guardia di Finanza, siamo intervenuti per verificare le vendite effettive e le fatture. Due elementi che in qualche occasione sono stati utilizzati per richiedere contributi maggiori”. Di qui la difesa del contributo, che ha raccolto l’applauso dell’Uspi: “Il nostro non è un sistema marcio nel midollo, lo Stato non spende inutilmente queste risorse”.
Giannandrea Contieri