Nota a:
Cassazione Penale, Sezione Quinta, n. 4443
di Angela Sepe
1. Il caso in esame vede condannato un soggetto per la commissione del reato di cui all’art. 494 cod.
pen..
In particolare, l’imputato, viene dichiarato, dalla Suprema Corte, colpevole per aver commesso il reato di sostituzione di persona in quanto, in concorso con altro soggetto e senza il consenso della parte in- teressata, al fine di trarne profitto o di procurare a quest’ultima un danno, ha utilizzato i dati anagrafi- ci di una donna, aprendo a suo nome un account e una casella di posta elettronica e facendo, così, ricadere sull’inconsapevole intestataria, le morosità nei pagamenti di beni acquistati mediante la par- tecipazione ad aste in rete.
2. La pronuncia in commento offre lo spunto per approfondire la fattispecie del reato di sostituzione di persona e comprendere le ragioni che hanno indotto i Giudici di legittimità a ritenere che l’utiliz- zo, da parte di un soggetto, delle generalità di un altro individuo, per creare un falso indirizzo di posta elettronica “al fine di trarne profitto o di procurare a quest’ultimo un danno” configuri la fatti- specie di cui all’art. 494 cod. pen..
3. Il delitto di sostituzione di persona è disciplinato dall’art. 494 cod. pen. ai sensi del quale Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in er- rore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino ad un anno.
L’oggetto giuridico della figura di reato in esame è, con ogni evidenza, secondo l’intento del legislato- re, la pubblica fede, la cui tutela è qui presa in considerazione sotto il profilo della lesione che alla ge- nuinità e all’affidabilità dei rapporti interpersonali può derivare dal proporsi taluno con connotazioni per- sonali diverse da quelle effettive1.
Soggetto attivo può essere, come si evince dal dato letterale della norma, chiunque.
La condotta del reato di sostituzione di persona consiste nell’indurre taluno in errore sostituendo ille- gittimamente la propria all’altrui persona oppure attribuendo a sé o ad altri un falso nome o un falso stato ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici.
Ritiene la dottrina che il reato sia a forma vincolata commissiva dovendo, l’induzione in errore, avve- nire in una delle forme tassativamente previste dalla norma incriminatrice2.
Quanto alla prima delle forme anzidette (sostituzione materiale della propria all’altrui persona), occor- re osservare come il riferimento alla illegittimità sia da considerarsi superfluo3.
Relativamente alla seconda forma (attribuzione di un falso nome) va, invece, sottolineato che per nome si intende non soltanto il nome di battesimo, ma anche il prenome, il cognome e tutti i contras- segni di identità. Al riguardo si è sostenuto in giurisprudenza che sussiste il reato de quo anche se il nome attribuito è immaginario4 o appartiene ad altra persona5.
Per ciò che concerne, quindi, la terza forma (attribuzione di un falso stato), va detto che per stato si intende, pacificamente, la posizione assunta da una persona in un qualsivoglia ambiente sociale, men- tre è controverso se detto concetto comprenda anche altri elementi, quali ad esempio il domicilio, la residenza e la dimora, non caratterizzanti il soggetto da un punto di vista sociale6.
Relativamente, infine, alla quarta forma (attribuzione di qualità cui la legge attribuisce effetti giuridici), va precisato che deve trattarsi di effetti giuridici non potenziali ma propri e specificativi del rapporto nel quale assumono significato di individuazione7.
Il delitto di sostituzione di persona si consuma qualora l’altrui persona sia tratta in inganno8 senza che occorra il conseguimento del vantaggio perseguito poiché lo scopo di arrecare a sé o ad altri un van- taggio attiene all’elemento psicologico9.
Recentemente è stato affermato che il reato di sostituzione di persona è un reato formale che si per- feziona nel momento in cui l’agente, al fine di procurarsi un vantaggio, si attribuisce, ad esempio, un falso nome, inducendo, così, taluno in errore.
Detto vantaggio ben può consistere anche soltanto nell’impedire la propria identificazione e il fine pro- postogli dall’agente, non essendo elemento costitutivo materiale del reato, è indifferente che sia rag- giunto o meno10. Trattasi di reato eventualmente permanente posto che l’errore altrui può perdurare nel tempo con l’ininterrotta continuazione del mezzo fraudolento11.
L’elemento soggettivo del delitto di cui all’art. 494 cod. pen. è costituito dal dolo specifico di indurre, mediante una delle quattro condotte sopra descritte, taluno in errore al fine di recare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno12.
4. Orbene, nel caso che ci occupa, con sentenza del 3 aprile 2012, la Corte di Cassazione ha annul- lato, senza rinvio, la sentenza impugnata limitatamente alla conversione della pena pecuniaria (che ha rideterminato nell’importo), rigettando, nel resto, il ricorso.
4.1 Con ricorso per Cassazione proposto avverso la sentenza resa in Corte di Appello, in particolare, l’imputato aveva richiesto l’annullamento della citata pronuncia, che aveva già condannato il sog- getto per la commissione del reato di sostituzione di persona.
Ciò per i seguenti motivi.
Con un primo motivo di impugnazione, lo stesso deduceva l’erronea applicazione dell’articolo 494 cod. pen., perché l’imputato avrebbe utilizzato i dati anagrafici della vittima solo per iscriversi al sito on-line, partecipando poi alle aste con un nome di fantasia; e non vi sarebbe stata, in linea di principio, alcu-
2. PAGLIARO, Falsità personale, ED. XVI, 1967, 646.
3. CRISTIANI, Fede pubblica (Delitti contro la), D pen, V, 1991.
4. Cass. Pen., 4 dicembre 1961, in Giur. Pen., 1962, pg 340.
5. Cass. Pen. 14 novembre 1969, Petrocchi, in MCP, 114114.
6. CRISTIANI, Il delitto di falsità personale, Padova, 1955.
7. Cass. Pen., 7 novembre 1962, in Giur. Pen., 1963, pg. 233.
8. Cass. Pen., 3 febbraio 1970, in Giur. Pen. 1970, pg 45.
9. Cass. Pen.21 dicembre 1984, in Giur. Pen. 1985, pg. 132.
10. Cass. Pen., 12 marzo 1999, in G. Dir., 1999, 28, 83.
11. Cass. Pen., 16 gennaio 1967, in G. Pen., 1967, II, 699, 906.
12. Cass. Pen., 9 febbraio 1973, in Giur. Pen., 1973, II, 420.
na necessità di servizi di una identità per comprare oggetti on-line, ben potendo utilizzarsi uno pseu- donimo. Né poteva trovare applicazione, nel caso di specie, quanto affermato dalla giurisprudenza ri- chiamata dai Giudici in secondo grado, in quanto la stessa si riferiva alla diversa fattispecie della crea- zione di account di posta elettronica apparentemente intestato ad altra persona e della sua utilizzazio- ne per interesse rapporti con altri utenti, traendoli in errore sulla propria identità personale.
Sempre per la difesa, la circostanza che il venditore fosse andato alla ricerca delle generalità dell’ac- quirente apparente, era ininfluente ai fini della configurazione del reato, essendo, il normale compor- tamento di un soggetto fruitore del servizio di aste on-line, quello di voler conoscere le generalità del- l’altro contraente nel momento in cui il pagamento dell’oggetto venduto non è stato effettuato.
Con secondo motivo, il ricorrente eccepiva la nullità della sentenza in relazione all’art. 62, n. 6, cod. pen., nonché il difetto di motivazione in ordine alla richiesta di concessione dell’attenuante del risarci- mento del danno.
In terzo luogo, l’imputato sosteneva che la Corte di Appello aveva erroneamente sostituito la pena de- tentiva con la corrispondente pena pecuniaria senza tener conto che, all’epoca del commesso reato, era previsto un ragguaglio al giorno, dovendosi applicare la legge più favorevole al reo.
4.2 Secondo la Suprema Corte, il primo motivo appariva infondato ed il secondo motivo doveva es- sere ritenuto inammissibile per genericità. Il ricorso era, invece, fondato solo con riferimento al terzo motivo relativo alla quantificazione della pena che, difatti, nel dispositivo, i Giudici di legitti- mità provvedevano a rideterminare.
Nel prescindere dall’analisi delle ragioni sottese alla decisione della Corte relativa al secondo ed al terzo profilo di gravame, occorre, ai fini che ci occupano, esaminare per quale motivo la Cassazione ha ritenuto infondato il primo motivo di impugnazione.
4.2.1 A parere della Corte, contrariamente a quello sostenuto dal ricorrente, la partecipazione ad aste on-line con l’uso di un pseudonimo, presuppone necessariamente che a tale pseudonimo corri- sponda una reale identità, accertabile on-line da parte di tutti i soggetti con i quali vengono con- cluse le compravendite.
Ciò, evidentemente, al fine di consentire la tutela delle controparti contrattuali nei confronti di eventua- li inadempimenti.
Infatti, secondo il Collegio Giudicante, integra il reato di sostituzione di persona, la condotta di colui che crei ed utilizzi, con account di posta elettronica, attribuendosi falsamente le generalità di un diver- so soggetto, inducendo in errore gli utenti della rete internet, nei confronti dei quali le false generalità siano declinate e con il fine di arrecare danno al soggetto le cui generalità siano state abusivamente spese.
Nello statuire tale principio, la Suprema Corte richiama altra giurisprudenza di legittimità la quale in un caso analogo, aveva ritenuto configurabile il reato di sostituzione di persone13.
4.2.1.1 La sentenza richiamata dai Giudici di legittimità nell’anno 2007, aveva, in particolare, stabilito che oggetto della tutela penale, in relazione al delitto preveduto nell’art. 494 c.p., fosse l’inte- resse riguardante la pubblica fede, in quanto questa poteva essere sorpresa da inganni rela- tivi alla vera essenza di una persona o alla sua identità o ai suoi attributi sociali. E siccome si tratta di inganni che possono superare la ristretta cerchia d’un determinato destinatario, il legi- slatore aveva ravvisato, in essi, una costante insidia alla fede pubblica, e non soltanto alla fede privata e alla tutela civilistica del diritto al nome.
In questa prospettiva, secondo la Cassazione richiamata, era evidente la configurazione, nel caso con- creto, di tutti gli elementi costitutivi della contestata fattispecie delittuosa.
Il reato “de quo”, difatti, si era consumato con la produzione dell’evento conseguente all’uso dei mezzi indicati nella disposizione incriminatrice, vale a dire con l’induzione di taluno in errore.
Il soggetto indotto in errore, poi, non era tanto l’ente fornitore del servizio di posta elettronica, quanto piuttosto gli utenti della rete, i quali, ritenendo di interloquire con una determinata persona, in realtà in- consapevolmente si erano trovati ad avere a che fare con una persona diversa.
Né poteva obiettarsi che “il contatto non avviene sull’intuitus personae, ma con riferimento alle pro- spettate attitudini dell’inserzionista”, dal momento che non era affatto indifferente, per l’interlocutore, che “il rapporto descritto nel messaggio” fosse offerto da un soggetto diverso da quello che appare of- frirlo, per di più di sesso diverso.
Da qui il principio di diritto per cui usare le generalità di un altro individuo per creare un falso indirizzo di posta elettronica al fine di trarne profitto o di procurare a quest’ultimo un danno, configura il reato di sostituzione di persona.
4.2.2 Ebbene, il principio illustrato nella giurisprudenza di legittimità del 2007, secondo la Corte di Cassazione, avrebbe trovato applicazione anche nel caso di specie, in cui risultava pacifico che l’imputato avesse utilizzato i dati anagrafici di una donna aprendo a suo nome un account e una casella di posta elettronica, facendo, così, ricadere sull’inconsapevole intestataria, e non su se stesso, le conseguenze dell’inadempimento delle obbligazioni di pagamento del prezzo di beni acquistati mediante la partecipazione ad aste in rete.
1. PADOVANI, sub art. 494 cod. pen., in Codice Penale, a cura di Tullio Padovani, Tomo II, Milano, 2007, pg.
2. PAGLIARO, Falsità personale, ED. XVI, 1967, 646.
3. CRISTIANI, Fede pubblica (Delitti contro la), D pen, V, 1991.
4. Cass. Pen., 4 dicembre 1961, in Giur. Pen., 1962, pg 340.
5. Cass. Pen. 14 novembre 1969, Petrocchi, in MCP, 114114.
6. CRISTIANI, Il delitto di falsità personale, Padova, 1955.
7. Cass. Pen., 7 novembre 1962, in Giur. Pen., 1963, pg. 233.
8. Cass. Pen., 3 febbraio 1970, in Giur. Pen. 1970, pg 45.
9. Cass. Pen.21 dicembre 1984, in Giur. Pen. 1985, pg. 132.
10. Cass. Pen., 12 marzo 1999, in G. Dir., 1999, 28, 83.
11. Cass. Pen., 16 gennaio 1967, in G. Pen., 1967, II, 699, 906.
12. Cass. Pen., 9 febbraio 1973, in Giur. Pen., 1973, II, 420.
13 . Cass. Pen., 8 novembre 2007, n. 46674, in Rv 238504