“Il modello tradizionale dell’editoria, così com’è, non funziona più. In molte città degli Usa è agonizzante. Credo che il giornalismo soffra perché è troppo distante dai propri lettori. Bisogna capire che il mondo digitale è completamente diverso dal cartaceo”. Così il direttore del Wall Street Journal, Gerard Baker, ospite al convegno “Crescere tra le righe” in corso di svolgimento a Bagniaia di Siena.
La tiratura dei quotidiani a stelle e strisce, fa sapere Baker: “è scesa a seconda dei casi del 15-50%”. A collassare sono state “le entrate pubblicitarie: dal 2005 sono scese del 50%, tornando ai livelli dell’82. Giornali famosi sono scomparsi o sono presenti solo sul digitale, altri non escono più tutti i giorni”. Per il direttore del WSJ “un nuovo modello di business è necessario”.
Baker ha quindi parlato delle modalita’ in cui il Wall Street Journal è riuscito a superare la crisi, optando per il paywall sul proprio sito internet. “I nostri abbonati online sono cresciuti nell’ultimo anno del 15%” ha spiegato.
Questo modello è più adatto a chi ha un pubblico specifico, ma non vale solo per i quotidiani finanziari, ma anche ad esempio sportivi o d’intrattenimento. Non so se per i giornali generalisti potrebbe funzionare. Il punto è comunque investire su marchi che la gente sia disposta a pagare”.
Il giornalista ha aggiunto che il WSJ ‘grazie alla presenza globale ha aumentato notevolmente il numero dei lettori, raggiungendo decine di milioni di persone nel mondo. Questo è possibile perché il nostro giornalismo conserva i valori tradizionali. C’è un futuro per il giornalismo, ma passa necessariamente attraverso la qualità”.
Per Baker “non è possibile tagliare tutto”. “Abbiamo bisogno di più risorse per rilanciare il settore – ha spiegato -. Per questo stiamo cercando di allargarci a livello globale. Tentiamo di avere una maggiore interazione con i lettori, di aumentare la produzione video. Negli Usa i giornalisti scrivono e fanno video: è molto più facile fare video con il sostegno delle nuove tecnologie, ma per metterli in condizione di lavorare facciamo molta formazione interna”.