Rcs, il presidente del patto di sindacato, Gianpiero Pesenti, potrebbe dimettersi. Ma Italmobiliare resta nell’accordo. E anche Carlo Pesenti, figlio di Gianpiero rimane nel cda. Intanto la ricapitalizzazione è ancora a rischio. E Italmobliare, insieme a Giuseppe Rotelli, potrebbero essere decisivi per l’avvio dell’operazione.
Ma procediamo con ordine.
Non è ancora certo. Ma sembra che il presidente di Italmobiliare, Gianpiero Pesenti, sia sul punto di mollare, stanco, ormai, di partecipare ad un patto che appare, di giorno in giorno, sempre più fragile. Pesenti, ricordiamolo, è al comando dell’accordo “parasociale” che vincola il 59% delle quote della Rcs da ben nove anni. E Italmobiliare possiede il 7,4% dei diritti di voto interni al patto stesso.
Va precisato che le eventuali dimissioni di Pesenti non significheranno la fuoriuscita di Italmobliare dal patto di sindacato di Rcs. In caso di “gran rifiuto”, infatti, la società che edita Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport dovrà “solo” nominare un altro presidente dell’accordo. In realtà si tratta di una carica più formale che sostanziale, visto che i “giochi di forza” si fanno sul possesso delle quote. Ma non va sminuita la valenza anche “psicologica” del probabile gesto dietro il quale potrebbe celarsi un indizio della inadeguatezza del patto stesso.
Non dovrebbero esserci ripercussioni anche per quanto riguarda Carlo Pesenti (figlio di Gianpiero e ad di Italmobiliare) presente, a sua volta, nel cda di Rcs.
Molto più pesante sarà, invece, la decisione dei Pesenti sull’adesione alla ricapitalizzazione. La quale, anche se data ormai per certa, presenta ancora, come precisato dal presidente di Rcs, Angelo Provasoli: «rilevanti incertezze». Infatti Italmobiliare è tra i soci ancora indecisi. La società bergamasca dovrebbe decidere solo quando saranno note tutte le condizioni dell’aumento: prezzo delle nuove azioni e conseguente effetto “diluitivo”. Fa compagnia alla holding dei Pesenti, Giuseppe Rotelli (16,6% delle quote fuori dal patto), Sinpar di Luigi Lucchini (1,2%), Eridano Finanziaria di Roberto Bertazzoni (1,2%) e Assicurazioni Generali (3,7%). Tutti ancora incerti su da farsi.
Il che significa, tradotto in soldoni, che il consenso dei due terzi della rappresentanza del capitale sociale nell’assemblea straordinaria del 30 maggio (che dovrebbe deliberare sull’aumento) non sembra essere assicurato. Già Diego Della Valle (8,7%), per la verità, e con lui Benetton (5%) e Merloni (2%) hanno dichiarato che voteranno “no” all’operazione. Per loro sarebbe troppo punitiva per gli azionisti e premiante per le banche. E senza ricapitalizzazione verrebbe meno anche la condizione di un rifinanziamento del debito di 575 milioni di euro con gli istituti creditrori. E quindi sarebbe compromessa la continuità aziendale. Visto che il capitale sociale è già stato abbondantemente eroso nei passati esercizi.
C’è da dire che le probabili dimissioni del presidente di Italmobiliare potrebbero non essere le sole. Prima di lui hanno già lasciato un incarico in Rcs, Giuseppe Vita, Paolo Merloni e Andrea Bonomi, tutti (ex) consiglieri del gruppo. Vita e Bonomi hanno compiuto il grande passo per evitare posizioni di conflitto di interessi, detenendo loro anche la carica specifica di consiglieri non esecutivi indipendenti. Merloni, invece, lo ha fatto per manifesto dissenso nei confronti del piano finanziario (ricapitalizzazione e rinegoziazione del debito) deciso dal cda.
Si potrebbe ipotizzare, a questo punto, che la governance di Rcs sia giunta al termine. In effetti il patto di sindacato scade nel 2014. E già Diego Della Valle ha invitato gli altri rappresentanti a farlo terminare prima. Magari anche cambiando la struttura dirigenziale. Per l’imprenditore marchigiano, e non solo, sarebbe auspicabile che Rcs fosse governata da un editore puro, magari affiancato da un partner finanziario. A questo punto la domanda è lecita: Rcs come rappresentanza del “salotto buono” dell’industria e della finanzia italiana è destinata a terminare?