GIORNALI DI PARTITO IL PREMIER TAGLIA I FONDI (l’Unità)

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Quello che faremo semplicemente sarà togliere il finanziamento pubblico…». Sorridente, affabile, rinvigorito, il 16 aprile scorso, il giorno dopo le elezioni, SilvioBerlusconi aveva sparato così contro l’Unità. Tra intercettazioni e «lodi» quel giorno rivisto oggi, sembra una cartolina ingiallita e quella frase una battuta dettata dall’euforia di una vittoria netta.
Purtroppo non è così. Quelle parole hanno avuto un seguito. Nero su bianco. Riportate in un decreto, quello del 25 giugno 2008 n. 112 (la manovra di Tremonti), approvato in appena nove minuti ma scritto in ben nove giorni. Le si possono leggere nell’articolo 44, «Semplificazione e riordino delle procedure di erogazione ai contributi dell’editoria». Naturalmente cambia la forma, la cosa è un po’ più tecnica e sottile, ma non la finalità: l’abolizione dei contributi all’editoria cooperativa, non profit, di partito.
Andiamo con ordine. In base alla legge 67 del 1987 in Italia l’editoria gode di contributi statali. La Finanziaria 2008, approvata dal governo Prodi, ha stabilito per il comparto una cifra pari a 414 milioni. La somma in realtà è molto al disotto del fabbisogno dell’intero settore che è stimato in 589 milioni. Ripartito in questo modo: 190 milioni per i contributi diretti, gli altri 399 per agevolazioni postali, elettriche e satellitari.
Per essere chiari il contributo diretto è quello che lo Stato eroga alle società editrici in base a determinati parametri (come la tiratura). Per cooperative, come il Manifesto, o giornali politici, come L’Unità (che fa riferimento al gruppo parlamentari Democratici di Sinistra), che di solito hanno pubblicità scarsa, il contributo diretto rappresenta una bella fetta del bilancio. Le agevolazioni, postali o di altro genere, invece, riguardano i grandi gruppi editoriali, come il Sole 24 Ore o il Corriere della Sera (tra l’altro quotati in Borsa) e rappresentano la più grossa fetta dei contributi.
Fetta che però il governo, nel decreto, non tocca. Quello che si colpisce sono i soli contributi diretti. In maniera sottile, per induzione se si vuole, li si eliminano tutti. Come? L’articolo 44 delega al governo la potestà di decidere non solo le procedure di accesso ma anche i «criteri di erogazione» dei contributi diretti. Inoltre, cosa più importante, i nuovi criteri di erogazione dei contributi diretti andranno stabiliti «tenendo conto delle somme complessivamente stanziate nel bilancio dello Stato per il settore dell’editoria, che costituiscono il massimo di spesa». Ma nel 2008 il limite massimo di spesa è fissato in 414 milioni. Di questi 399 milioni saranno assorbiti dai grandi gruppi editoriali, sulla carta campioni di liberismo, attraverso le agevolazioni postali e di credito. Solo 15 milioni sarebbero destinati ai contributi diretti a fronte di un fabbisogno di 190 milioni. Briciole. Che spariranno nel 2009 e 2010. Il decreto prevede la decurtazione delle somme stanziate dallo Stato. Non più 414 milioni ma rispettivamente 387 e 266 milioni. In questo caso i giornali di partito o le cooperative non potranno ottenere nulla.
L’articolo in questione – che è in discussione alla Camera ed è stato oggetto lo scorso lunedì di un emendamento abrogativo parziale da parte del Pd – è ancora più pericoloso perché andrebbe a incidere su voci di bilancio già certificate. Per l’Unità, ad esempio, vorrebbe dire rinunciare già nel corso del 2008 ai circa sei milioni di euro di rimborso statale.
Naturalmente anche questo giornale si è battuto per un riordino del contributi per l’editoria, attraverso nuovi criteri di selezione, e più in generale anche del mercato pubblicitario. Che è tutto spostato verso le tv. E cioè Rai e Mediaset. Quest’ultima di proprietà, fa sempre bene ricordarlo, di Silvio Berlusconi. Che sul quel decreto ha messo la firma.

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