A più di tre anni di distanza la Rai si ricorda degli utenti che hanno regolarmente disdetto il canone dopo la campagna del Giornale e li avverte con un «Preavviso di riscossione coattiva per mancato pagamento canone tv» chiedendo 400 euro tra arretrati e sanzioni. Chi aveva aderito alla campagna lanciata dal Giornale per l’abolizione del canone e la riforma della legge sull’imposta più odiata dagli italiani contro quei programmi anti Cav pagati coi soldi pubblici, ora rivede gli spettri. Ma il problema è che, a norma di legge, quei canoni sono stati regolarmente disdetti e quindi gli utenti non sono tenuti a pagare alcunché.
Il cuore del problema è il cosiddetto «suggellamento» della tv, che consiste nel mettere il televisore e qualsiasi apparecchio «atto o adattabile a ricevere il segnale tv», quindi in teoria anche pc, tablet e smartphone, in un sacco di juta e sigillarlo con la cera lacca. Una pratica che non si effettua più da 40 anni ma che è prevista dalla legge del Ventennio e da un regio decreto. Il «suggellamento» della tv vìola la Costituzione perché impedisce di vedere la Rai ma anche il digitale terrestre e le tv private gratuite. Quindi? Per colpa della mancata riforma, che il Giornale aveva inutilmente invocato, la Rai si è infilata in un corto circuito legislativo. Da qui le centinaia di lettere bonarie in cui si agita lo spauracchio di Equitalia. Quattrocento euro, in tempo di crisi, sono un salasso per molte famiglie.
Pagare o non pagare? In molti rispondono di aver regolarmente disdetto il canone entro il 30 novembre dell’anno precedente, dichiarano di possedere le ricevute, sono in grado di esibirle e hanno scritto alla missiva dell’Agenzia delle Entrate sostenendo che il diritto a recedere dal canone è sancito dalla disdetta regolarizzata per tempo. E il suggellamento della tv? In linea di diritto la disdetta del canone Rai è efficace anche senza suggellamento, che dipende non dall’utente ma da Rai e Agenzia delle Entrate. Che se ne guardano bene dal farlo per non incorrere in un altro corto circuito legislativo. Cosa dicono infatti gli utenti? Ho chiesto di far eseguire il suggellamento, autorizzando le autorità preposte a venire a casa mia. Se non sono ancora venuti, che colpa ne ho?
Altri utenti un po’ più «sgamati» hanno fatto appello alla legge sulla privacy, chiedendo ai sensi delle lettere B e C dell’articolo 7 del Dlgs 30 giugno 2003, n°196 (ovvero il testo unico sul trattamento dei dati personali) l’immediata cancellazione del proprio nominativo dall’elenco abbonati Rai, da cui partono di default le lettere bonarie ai presunti morosi, indipendentemente dal fatto che alcuni di loro abbiano – a norma di legge – disdetto efficacemente il canone. Un escamotage che in molti casi ha sortito l’effetto sperato: qualche tenace lettore del Giornale ci ha fatto pervenire un documento nel quale la Rai ha risposto dicendo, in sostanza: hai vinto, non pagherai il canone e non ti scriveremo più. Il Giornale nel 2009 aveva chiesto al Parlamento, oggi alle prese con il delicato risiko Camere-Palazzo Chigi-Quirinale, di rivedere la legge in vigore sul canone Rai. Questo pasticcio all’italiana è l’inquietante conferma che avevamo ragione.