Il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, ha commutato la pena detentiva di Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi di reclusione per diffamazione, in una multa di 15.532 euro. L’istruttoria per la richiesta della grazia aveva collezionato il “no” del procuratore generale di Milano, Manlio Minale e il “si” del magistrato di Sorveglianza e del ministro della Giustizia, Paola Severino. Il direttore del Giornale: «Ringrazio. È un precedente importante per tutti i giornalisti. Ora serve una legge meno assurda e più liberale». Le motivazioni del Quirinale: «Abbiamo sentito le parti; la vittima, il giudice tutelare Giuseppe Cocilovo era d’accordo; il quotidiano Libero ha chiesto scusa; abbiamo raccolto le critiche del Consiglio d’Europa; il Parlamento non è riuscito a riformare in tempo la legge».
Il “caso Sallusti” è giunto al termine. Ieri pomeriggio Napolitano, ha commutato la pena detentiva del direttore del Giornale, condannato a 14 mesi di reclusione da scontare ai domiciliari, in una sanzione pecuniaria.
Napolitano ha esercitato un suo specifico potere, stabilito dal comma 11 dell’articolo 87 della Costituzione: «Il Capo dello Stato può concedere grazia e commutare le pene».
In effetti è dalla sentenza definitiva della Cassazione, avvenuta il 26 settembre, che al Colle stavano pensando si salvare l’ex direttore di Libero che, nel febbraio del 2007, pubblicò un articolo diffamatorio, a firma Dreyfus (alias Renato Farina, deputato del Pdl) ai danni del giudice tutelare, Giuseppe Cocilovo.
Sallusti ha accettato di buon grado la decisione di Napolitano: «Ringrazio il Presidente non tanto per me. Ma per l’intera categoria. Questa decisione deve essere un precedente per tutti i giornalisti, un monito ai magistrati e alla politica. Onestamente non me lo aspettavo. In effetti si tratta di un provvedimento inusuale come, del resto, è stata la sentenza che ha disposto il carcere per un giornalista. Spero ora che il prossimo Parlamento rifaccia una legge sulla stampa meno assurda e più liberale».
Il direttore del Giornale, verso le 20 di ieri, appena ricevuta la notifica del provvedimento ha subito lascito l’abitazione della compagna (nonché parlamentare del Pdl, Daniela Santanché) dove scontava la detenzione. Sallusti si è “precipitato” alla redazione di Via Negri per salutare i colleghi.
Si è svolto tutto in poche ore.
Il provvedimento di Napolitano è stato reso esecutivo, in tempi record, dal procuratore della Repubblica, Edomondo Bruti Liberati, il magistrato che, scontrandosi con i suoi colleghi, ha chiesto i domiciliari per Sallusti, applicando la legge n.199 del 2010, la cosiddetta “svuota carceri”.
«Sono emozionato. Finalmente la reclusione è finita. L’ho vissuta come una violenza», si è sfogato il giornalista lombardo una volta arrivato in redazione.
La commutazione della pena da detentiva a pecuniaria ha avuto origine dall’istanza di grazia presentata dall’avvocato, nonché parlamentare del Pdl, Ignazio La Russa. Egli, ieri mattina, supportato una copiosa raccolta di firme di politici bipartisan (nonché da una campagna del quotidiano Libero) ha inoltrato la richiesta di grazia al Quirinale. E Napolitano ha subito incaricato il ministro della Giustizia, Paola Severino, di avviare l’istruttoria. Questa consiste nel raccogliere i pareri dei “protagonisti” della vicenda, della Procura e dei magistrati competenti.
Il procuratore generale di Milano, Manlio Minale, ha subito espresso parere negativo alla grazia. Di opinione opposta sono stati il magistrato di Sorveglianza. Anche la Severino si è detta favorevole a scarcerare Sallusti.
Ma bisogna precisare che i suddetti pareri non sono vincolanti. La decisione finale spetta al solo Capo dello Stato. È stata proprio la Corte Costituzionale, nella sentenza n.200 del 2006, a precisare il carattere “autarchico” del potere di dare la grazia e di commutare le pene.
E alla fine Napolitano, raccolti i pareri, ha deciso per la “trasformazione” di 14 mesi di reclusione in 15.532 euro di multa (circa 1100 euro al mese). L’entità della ammenda è precisata dall’articolo 135 del Codice penale: «Quando, per qualsiasi effetto giuridico, si deve eseguire un ragguaglio fra pene pecuniarie e pene detentive, il computo ha luogo calcolando euro 250, o frazione di euro 250 [in questo caso circa 36 euro al giorno, ndr] di pena pecuniaria per un giorno di pena detentiva».
Il Quirinale, in una nota ha anche argomentato con perizia la sua decisione: «Si è tenuto conto dell’avviso favorevole del ministro della Giustizia e del magistrato di Sorveglianza e del parere negativo del procuratore generale di Milano. Sono state anche considerate le dichiarazioni già rese pubbliche dalla vittima della diffamazione, Giuseppe Cocilovo. Il quale si era già espresso contrario, per principio, al carcere per i giornalisti. Infatti il giudice tutelare aveva proposto a Sallusti di ritirare la querela in cambio di una donazione di 20 mila euro all’organizzazione di beneficenza per bambini, “Save the Children”. Ma l’ex direttore di Libero rifiutò con decisione: «La mia libertà non è in vendita». Inoltre Napolitano ha comunicato che ha «preso atto che il giornale sul quale era stato pubblicato l’articolo giudicato diffamatorio [Libero, ndr] dopo la condanna del suo ex direttore ha riconosciuto la falsità della notizia formalizzando con la rettifica anche le scuse».
Poi, sempre dal Colle, hanno precisato che «la decisione di commutare la pena raccoglie gli orientamenti critici avanzati in sede europea, in particolare dal Consiglio d’Europa, rispetto al ricorso a pene detentive nei confronti di giornalisti. Si è anche valutato che la volontà politica bipartisan espressa in disegni di legge e sostenuta dal governo, non si è ancora tradotta in norme legislative per la difficoltà di individuare, fermo restando l’obbligo di rettifica, un punto di equilibrio tra l’attenuazione del rigore sanzionatorio e l’adozione di efficaci misure risarcitorie». Ovvero: la nostra legge sulla stampa andava adeguata al modello europeo. Ma il Parlamento, nonostante la “buona” volontà (che qualcuno ha anche messo in dubbio), non è riuscito a trovare l’equilibrio giuridico adatto.
Ma c’è di più. Napolitano ha voluto anche sollecitare «una riflessione sull’esigenza di pervenire a una disciplina più equilibrata ed efficace dei reati di diffamazione a mezzo stampa».
Come dire: questa volta ci ho messo una toppa. Ma che si riveda, una volta per tutte, la legge. È lo stesso auspicio di Sallusti che eviterà anche una possibile sanzione disciplinare dell’Ordine dei giornalisti.