Dal 3 al 14 Dicembre 2012 gli Stati membri dell’Unione Internazionale delle Telecomunicazioni, UIT, si sono riuniti a Dubai per la Conferenza mondiale sulle telecomunicazioni internazionali (CMTI). Il tema centrale delle discussioni, che si sono tenute a porte chiuse, è la revisione del regolamento sulle telecomunicazioni internazionali (RTI), inclusa la sua estensione a Internet. L’ultima revisione di tale regolamento risale al 1988.
Reporter senza frontiere esprime preoccupazione circa la risposta di alcuni paesi partecipanti alla conferenza, tradizionalmente censori della rete, che potrebbe nuocere alla libertà di circolazione delle informazioni on-line e incoraggiare invece le azioni di controllo che rendono gli utenti ancora più vulnerabili.
La preoccupazione è ancora più grande dato che la società civile è stata esclusa da tali negoziazione, marcate da una evidente mancanza di trasparenza già denunciata da numerose ONG.
Reporter senza frontiere si rivolge quindi agli stati membri affinché si tuteli Internet come spazio per lo scambio e la libertà di espressione e affinché vengano rifiutate tutte le proposte contrarie al principio di libertà di informazione che potrebbero giustificare azioni di censura.
Gli Emirati Arabi hanno presentato il 7 Dicembre una proposizione inquietante – disponibile sul sito WCITLeaks e sostenuta da vari paesi tra cui Russia, Cina, Arabia Saudita, Algeria e Sudan – secondo la quale il controllo su internet si estenderebbe non solamente ai grandi operatori di telecomunicazioni come suggerito dalle autorità americane ma anche a un certo numero di piattaforme e social network.
Una delle proposizioni rimette in gioco il ruolo dell’ICANN ( Internet Corporation for Assigned Names and Numbers ) e il modo in cui il settore privato gestisce oggi una gran parte degli indirizzi web precisando che “gli Stati membri hanno il diritto di gestire i nomi, gli indirizzi e le risorse identificative utilizzate su internet per le comunicazioni internazionali all’interno del loro territorio”.
Un nuovo provvedimento di cybersicurezza prevede che i governi “prendano misure appropriate” al fine di “garantire la sicurezza fisica e operativa delle reti” , di combattere lo spam e di proteggere i dati delle persone. Certi governi potrebbero appoggiarsi su questa proposizione per giustificare la messa in opera di meccanismi di blocco e filtraggio.
Reporter senza frontiere esprime preoccupazione inoltre per le rivelazioni del 4 Dicembre 2012 quanto all’ approvazione da parte del UIT di uno standard internazionale per l’uso della tecnologia DPI (Deep Packet Inspection). Questo tipo di tecnologia ha lo scopo di ispezionare il contenuto dei pacchetti in transito sulla rete Internet e il suo utilizzo consente di accedere al contenuto delle e.mail, della messaggeria istantanea e delle conversazioni VoIP, cioè quelle che sfruttano un collegamento internet. La DPI rappresenta non solamente un danno alla neutralità della rete ma anche una grave violazione della confidenzialità dei contenuti delle comunicazioni on line.
La standardizzazione dell’uso del DPI per le “reti di nuova generazione” consentirebbe ai governi di monitorare e reperire informazioni sugli utenti della rete, su dissidenti e giornalisti in quanto ciò è previsto dalle leggi internazionali. L’adozione di questa tecnologia, senza un quadro giuridico preciso che ne regoli e che ne limiti l’uso al mantenimento della rete, è inaccettabile.
Reporter senza frontiere ricorda che il DPI è stato utilizzato in Libia per intercettare le comunicazioni degli oppositori politici. La società privata francese Amesys, ideatrice di un’applicazione che utilizza questa tecnologia, è oggetto di un provvedimento penale che la accusa di complicità in atti di tortura proprio in Libia.
L’opacità delle procedure della Conferenza mondiale sulle telecomunicazioni internazionali era stata denunciata dalla società civile ben prima del summit di Dubai. Più di 1.400 ONG, inclusa Reporter senza frontiere, avevano firmato una petizione congiunta sulla protezione della libertà su Internet e, su iniziativa del Centro per la Democrazia e la Tecnologia, il 6 Settembre era stata inviata una lettera agli stati membri e alle loro delegazioni nella quale ci si dichiarava contrari al fatto che la ITU divenisse un’autorità regolatrice di Internet.