Genuflessi al potere, schiavi del governo di turno, poco indipendenti e ancor meno incisivi. I giornalisti godono, almeno da noi, di sempre minor credito e vengono spesso, a torto o a ragione, accusati di conformismo più o meno interessato. Eppure ecco l’ennesimo rapporto, questo è statunitense, che racconta come nell’ormai quasi trascorso 2012 i giornalisti nel mondo siano stati nel mirino dei cosiddetti “poteri forti”. Intanto, secondo il Comitato per la protezione dei giornalisti, in carcere ce ne sono 232, 53 in più rispetto al 2011. E in testa c’è la Turchia, a quota 49. Secondo il direttore del Cpj, Joel Simon, il numero di reporter detenuti è aumentato a causa “dell’uso diffuso di accuse di terrorismo contro i cronisti che si occupano di temi sensibili”. In Turchia, com’è noto o almeno come dovrebbe esserlo, negli ultimi anni le autorità hanno arrestato decine di giornalisti ed editori curdi con l’accusa di terrorismo e di coinvolgimento in complotti contro il governo. Seugono a stretto giro l’Iran e la Cina, rispettivamente, con 45 e 32 giornalisti ospiti delle patrie galere. Al quarto posto l’Eritrea, con 28 reporter dietro le sbarre. In Siria, dove la guerra civile in corso rende difficile avere dati certi, il regime del presidente Bashar al Assad avrebbe arrestato, secondo il Cpj almeno 15 giornalisti senza alcun capo d’imputazione. Detenuti in luogo e condizioni ignote. E in Italia? Bè, in Italia solo quest’anno sono stati 301 i giornalisti minacciati dalla mafia, coinvolti dall’inizio dell’anno e fino allo scorso 3 dicembre, in episodi di minacce collegate a motivi professionali E quarantatrè i casi di minacce rivolte ad intere redazioni. Un fenomeno per lo più ignorato. (fonte: La Stampa)