Il reato di diffamazione a mezzo stampa è configurabile anche se la persona offesa non è specificamente nominata nello scritto.
Lo ha affermato recentemente la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 16543 del 28 settembre 2012.
Il caso riguarda un medico, il quale, ritenendosi offeso da affermazioni contenute in un libro e in una intervista, cita l’autore chiedendo il risarcimento dei danni morali ed esistenziali.
Nel libro sono contenute una serie di affermazioni diffamatorie sull’incapacità professionale del medico e sui suoi legami politici che lo avevano aiutato a fare carriera.
L’autore, tuttavia, non menziona mai il nome del medico. Il Tribunale, in primo grado, rigetta la domanda di risarcimento. Il medico propone appello.
La Corte d’appello, capovolgendo la pronuncia di primo grado, condanna l’autore del libro al risarcimento dei danno morale ed esistenziale in favore del medico.
L’autore propone, quindi, ricorso in cassazione, lamentando, tra le altre cose, che il presupposto della domanda di risarcimento dei danni conseguenti al reato di diffamazione è l’esistenza di un fatto illecito costituente reato. Reato che presuppone l’esistenza di una persona fisica chiaramente individuata e determinata. La Corte di Cassazione rigetta il ricorso.
Il problema della identificazione, o della concreta identificabilità, della persona offesa, quale condizione imprescindibile affinchè si possa configurare il reato di diffamazione e la conseguente responsabilità civile dell’autore, è un tema già affrontato dalla Cassazione, anche in tempi recenti.
Il 6 agosto 2007, con la sentenza n. 17180, la Corte ha, infatti, affermato il principio per cui, in tema di risarcimento del danno causato da diffamazione a mezzo stampa, non è necessario che il soggetto offeso sia precisamente e specificamente nominato.
La sua individuazione può avvenire, in assenza di un richiamo esplicito e nominativo, attraverso gli elementi della fattispecie concreta, quali la natura e portata dell’offesa, le circostanza narrate, oggettive e soggettive, i riferimenti personali i temporali e simili, i quali devono, insieme agli altri elementi che la vicenda offre, essere valutati complessivamente, di modo che possa desumersi, con ragionevole certezza, l’inequivoca individuazione dell’offeso.
Non è, quindi, necessario che la persona offesa sia specificamente nominata nello scritto diffamatorio. Perché si configuri il reato di diffamazione a mezzo stampa, l’individuazione della persona offesa deve essere semplicemente deducibile, in termini di affidabile certezza, dalla stessa prospettazione oggettiva dell’offesa, desumibile anche dal contesto in cui è inserita, senza fare ricorso ad intuizioni o congetture.
Da una parte, dunque, è possibile individuare la persona offesa attraverso una serie di elementi della fattispecie concreta. Dall’altra, nel procedere a tale ricostruzione, non bisogna cadere nella trappola delle congetture.
L’individuazione della persona offesa sarà più facile, poi, quando sia possibile identificarla per esclusione, in via induttiva, in quanto facente parte di una categoria di persone.
D’altra parte, afferma la Cassazione, in altra pronuncia, l’intento diffamatorio può essere raggiunto anche con mezzi indiretti e mediante subdole allusioni. Ed è proprio quanto è accaduto nella vicenda raccontata.
La Corte ha, infatti, ritenuto che il riferimento ad una serie di elementi quali la ridotta statura del soggetto, la sua candidatura alla carica menzionata nel libro, la sua pregressa attività politica e la sua collocazione professionale, consentisse, pur senza l’indicazione del suo nome, l’identificazione del medico e la lesione, quindi, della sua reputazione professionale e personale.
Una volta dimostrata tale lesione, tra l’altro, non è necessario dimostrare il danno, in quanto questo è costituito dalla diminuzione o privazione di un valore, quello della reputazione, della persona umana.
Non basta, dunque, non nominare il soggetto di riferimento per non incorrere nel reato di diffamazione. Quando si scrive, bisogna stare particolarmente attenti. Se si forniscono elementi che consentono di risalire al soggetto, si può essere condannati comunque e dover risarcire i danni, senza che chi agisca in giudizio debba nemmeno dimostrarli.