Il mercato della pubblicità è in crisi. Massimo Costa, country manager di Wpp Italia: «Siamo fermi agli anni ’80. Bisogna rinnovarsi. Il futuro è negli smartphone». Rai e Mediaset in crisi. Il servizio pubblico incassa 114 milioni di spot in meno. Il Biscione va in “rosso” per la prima volta. E la pubblicità. a Cologno Monzese, nel mese di settembre, è crollata del 24,2%. Tutta colpa della crisi?
La situazione è peggiore delle aspettative. E dire che queste non erano ottimistiche. L’Italia nei primi nove mesi del 2012 ha perso oltre il 12% della pubblicità.
Lo afferma Costa, manager di Wpp Italia, un’azienda leader mondiale nel settore della pubblicità e dei media, nonché presidente di Assocomunicazione.
«Siamo fermi agli anni ’80 nel fare comunicazione. E il mercato è pari quello del lontano 1994», ha affermato Costa.
Ma la vera “retromarcia” è arrivata nel 2008. E in quell’anno che la Crisi (quasi fosse una entità metafisica) ha “infettato” tutto il mercato.
«Siamo passati dai 9,9 milioni del 2008 ai 7,8 del 2012. Ormai gli ad delle aziende ordinano la pubblicità per 30 secondi, come se fosse prosciutto», ha dichiarato Costa.
E anche le grandi aziende fanno economia. Ma è solo colpa della crisi? Certo al recessione ha iniziato un circolo vizioso dal quale sarà difficile uscire. Se la gente ha meno soldi, spende e compra meno; quindi i consumi si riducono; le aziende vendono meno; quindi produrranno meno; di conseguenza licenzieranno i lavoratori perché non hanno più commesse; e il Paese si impoverisce; e ricomincia il circolo vizioso.
Tuttavia per Costa il mercato ha dei margini di miglioramento. E questi vengono dal web e dalle nuove tecnologie. «In Italia ci sono 20 milioni di smartphone che aspettano solo di ricevere una adeguata offerta di comunicazione e pubblicità», ha spiegato il manager di Wpp.
Come dire: se si usa il medium giusto, la pubblicità ha più successo e quindi la gente ignorerà per un attimo la congiuntura economica negativa.
Di sicuro il mercato degli spot sul web è in crescita. Forse perché internet è diventato il mezzo di comunicazione più usato e diffuso. O magari perché pubblicizzare un prodotto sul web costa meno.
Fatto sta che in Italia la pubblicità sul web è aumentata del 14,3% nell’ultimo anno. E il trend sembra è in aumento. Il business sulle nuove tecnologie è un fenomeno relativamente recente e suscettibile di grossi miglioramenti.
Infatti il mercato degli spot digitali, anche se in continua crescita, copre ancora una piccola fetta della pubblicità totale. La tv la fa da padrona: riceve, infatti, il 53,4% della pubblicità totale. I quotidiani sono al secondo posto, con l’11,6%. Poi arrivano i periodici all’8,3%. Al quarto posto le radio col 6,3%.
Quindi la tv fagocita ancora oltre la metà del mercato pubblicitario. Tuttavia le cifre ricavate non sembrano più sufficienti.
Le emittenti generaliste italiane sono tutte in crisi: sia di ascolti che di ricavi pubblicitari. Infatti sia la Rai che Mediaset hanno dei conti a dir poco problematici. L’emittente di Cologno Monzese, per la prima volta nella sua storia, deve fare i conti con un bilancio in rosso. Negli ultimi tre mesi il Biscione ha perso 88 milioni di euro, quasi uno al giorno. E la pubblicità, nel mese di settembre è crollata del 24,2%.
La Rai non se la passa meglio, anzi. Il servizio pubblico è “in rosso” da anni (se escludiamo l’utile “fittizio” di 4,1 milioni del 2011). Infatti la tv di Stato ha nelle proprie casse circa 200 milioni in meno rispetto al previsto. Gli incassi, stimati inizialmente in 1 miliardo di euro, si aggireranno sugli 800 milioni.
Sulla riprevisione del budget hanno influito sia la poca pubblicità che i costi sostenuti per i diritti tv relativi agli Europei e alle Olimpiadi. Questi ultimi ammontano circa a 143 milioni. Per quanto riguarda gli spot sono stati incassati, nei primi nove mesi del 2012, 559 milioni, 114 in meno rispetto all’analogo periodo del 2011.
È calato anche il fatturato interno sceso di 137 milioni e ora pari a circa 2 miliardi di euro.
L’altro ieri il cda Rai, la presidente Anna Maria Tarantola e il dg Luigi Gubitosi hanno approvato i conti “amari” dei primi nove mesi del 2012. La nuova dirigenza sta lavorando ad una politica di razionalizzazione delle risorse interne e ad una riduzione dei costi operativi.
E c’è tanto lavoro da fare. In effetti il costo del lavoro per la Rai è aumentato di 7 milioni di euro, nonostante il blocco degli stipendi. I dipendenti del servizio pubblico sono tanti: circa 13 mila (di cui 11,5 mila con contratto a tempo indeterminato e 1,5 mila a “scadenza”).
Sono state prese anche misure “simboliche” come il tetto ai rimborsi spesa dei consiglieri di amministrazione.
Ma al di là della corretta gestione della società c’è un altro parametro da valutare. Si tratta della esplosione dei canali digitali e del web. L’offerta di contenuti si è ampliata a dismisura. Quindi gli ascolti si frazionano. E la pubblicità si spezzetta su molte emittenti.
Un esempio emblematico si può trovare stesso in casa Rai. I canali tematici (come Rai4, Rai Storia, ecc.) crescono del 13%. E il web del servizio pubblico arriva ad un +30%. Le due “eccezioni” arrivano a contribuire in totale con 6 milioni di pubblicità. Si tratta di una buona cifra, ma è insufficiente a “salvare” un bilancio.
Ciò ci fa capire che i cittadini sono orientati verso nuove realtà. Non si accontentano di ciò che viene offerto, ma cercano attivamente risposte ai propri bisogni (indotti o reali?) e curiosità.
E il mondo della rete e delle nuove tecnologie è lì, pronto a raccogliere i consumatori del domani. E la “vecchia” tv e il passato modo di fare comunicazione e pubblicità, per continuare ad esistere, dovranno rinnovarsi.
La quantità del cibo (la pubblicità) è in calo. Ma i commensali (nuovi canali, web e tecnologie moderne) sono aumentati e sembrano molto affamati.
Alberto De Bellis