Con il decreto liberalizzazioni è stato introdotto il famigerato articolo 62 che impone di pagare a 30/60 giorni i prodotti alimentari e di avere un contratto di acquisto per ogni fornitore e ciò allo scopo di tutelare produttori ed agricoltori dallo strapotere delle centrali di acquisto di ipermercati e supermercati. La norma, però, si applica a tutti gli acquisti di alimenti da chiunque effettuati e, quindi, investe centinaia di migliaia di imprese di tutte le dimensioni, ma prevalentemente micro,del settore della somministrazione di alimenti e bevande che dovranno pagare a 30 giorni i fornitori di alimenti freschi ed a 60 quelli di alimenti non deperibili, pena una sanzione da 500 a mezzo milione di euro.
Tutto ciò mette in ginocchio un settore in forte difficoltà causando rilevanti problemi tanto ai ristoranti di fascia alta, che alle mense, che ai locali marginali, che agli stessi produttori destinati a perdere fasce di clientela che non potranno più permettersi di avere delle scorte, ma dovranno esasperare la rotazione del magazzino vista sia la difficoltà di accesso al credito che il divieto di contrattare diversi termini di pagamento. Infatti, anche se l’esercente si dovesse accordare con il suo fornitore per pagare con comodo rischierebbe in caso di ispezione della Guardia di Finanza la denuncia all’Antitrust per aver pagato dopo 30/60 giorni o per non avere copia del contratto e, in ogni caso, sarebbe condannato a non cambiare fornitore per non essere denunciato dal vecchio per ritardato pagamento.
Siamo di fronte ad una norma palesemente, illogica, illegittima ed incostituzionale poiché tratta nello stesso modo situazioni diverse (basti pensare al produttore quotato in borsa che la usa contro il chiosco bar) ed in contrasto con la normativa comunitaria che prevede per i privati la piena libertà di determinare i termini di pagamento.
La FIPE (federazione Italiana Pubblici Esercizi), con la assistenza del Professor Antonio Baldassarre, ha provveduto sia a denunciare il Governo italiano alla Comunità affinché questa apra una procedura di infrazione, sia a porre in essere le azioni per provocare una pronuncia della Corte Costituzionale.