Era il 2008, il mondo delle news era stracolmo di notizie e servizi sul nuovo che avanzava, sull’ internet di nuova generazione, ed i politici facevano a gara per spiattellare le cifre da capogiro incassate dallo Stato. Dicevano : “Presto anche in Italia diventerà realtà la banda larga senza fili e internet veloce per tutti. Si è chiusa, infatti la gara per l’assegnazione dei 35 diritti d’uso delle frequenze “WiMax” (Worldwide Interoperability for Microwave Access) nella banda 3.4-3.6 Ghz, che ha aggiudicato le licenze (14 macroregionali e 21 regionali) a 11 imprese, per un importo finale pari a 136.337.000 euro, superiore del ben 176% al prezzo posto a base d’asta, il più elevato fra le gare WiMax sin’ora svolte a livello europeo”.
Oggi, a distanza di appena 4 anni possiamo affermare non solo che la copertura intera del paese non è stata affatto attuata, ma le società vincitrici del bando si trovano in gravissima crisi economica e spesso non hanno risorse sufficienti per lanciare l’offerta. Peccato, poiché con il WiMAX, infatti, è possibile utilizzare i benefici dell’ADSL liberandosi da qualsiasi cavo telefonico, per utilizzare frequenze radio che spingono internet veloce in tutti i luoghi coperti dal segnale. Il vantaggio per i cittadini è legato anche alla sua economicità, infatti, i servizi vengono spesso proposti a partire da 9,90 € al mese.
Nel frattempo, in questi ultimi anni la concorrenza si è irrobustita. Il progetto di Vodafone, Tim e Wind è appena partito ed è un investimento da miliardi di euro per coprire entro il 2013 tramite LTE l’intera popolazione. Insomma, nel giro di pochi mesi si è scaldato il mercato del digital divide. Segno che tecnologia e domanda di offerte banda larga sono maturate, in Italia, al punto da rendere profittevole investire nelle zone che fino a poco tempo prima erano a fallimento di mercato.
Sembra un paradosso, che oggi, con tutte le tecnologie presenti sul mercato, ci siano molti piccoli centri ed intere comunità montane in cui non esiste ancora nemmeno l’adsl. Ci auguriamo che la recente “Agenda Digitale” creata dal Governo tecnico sappia finalmente come risolvere la questione.