Riprenderà questa mattina in commissione Giustizia al Senato l’esame del disegno di legge sulla diffamazione a mezzo stampa, già calendarizzato in aula per il giorno dopo, secondo quanto deciso dall’ultima conferenza dei capigruppo di palazzo Madama. Il rallentamento dell’iter è dovuto al rinvio in commissione per gli approfondimenti sull’articolo 1, che elimina il carcere, ma rimodula le sanzioni pecuniarie, con conseguenze ritenute dalla categoria dei giornalisti fortemente penalizzanti per il settore (in particolare per le testate che beneficiano delle provvidenze del fondo per l’editoria) e che rischiano di compromettere l’autonomia degli operatori dei media e il diritto all’informazione. Nel frattempo, alla Camera, prosegue il lavoro in parallelo per risolvere la “questione Sallusti” nell’ambito del disegno di legge sulla ‘messa in prova’. In questo modo, dunque, l’opportunità di evitare il carcere per il direttore del Giornale verrebbe svincolata dal tema dalla riforma della legge sulla stampa. “Dobbiamo evitare in ogni modo che diventi legge il testo attualmente in discussione al Senato”, affermano il portavoce di Articolo 21 Giuseppe Giulietti e il senatore del Pd Vincenzo Vita. “Purtroppo, tradendo le ispirazioni iniziali, l’articolato in fase di dibattito – continuano Giulietti e Vita – è diventato un ulteriore capitolo del tentativo di imbavagliare la libertà di informazione. Sarebbe più opportuno limitare il tutto alla semplice abolizione del carcere per i giornalisti, rinviando ad un approfondimento diverso una vera e propria riforma della normativa”.
E un nuovo appello affinché la politica faccia un passo indietro sul ddl sulla diffamazione, evitando di varare “manovre intimidatorie” o dettate “dal desiderio di vendetta” contro la categoria dei giornalisti viene ieri dai direttori di testate e dai rappresentanti delle associazioni di giornalisti, riuniti al Circolo della stampa di Milano per partecipare a un dibattito, in contemporanea con l’analoga iniziativa organizzata dalla Fnsi a Roma nell’amibito della manifestazione internazionale ‘Stand up for journalist’, sulla riforma delle norme sulla diffamazione nata dopo il caso della condanna al carcere del direttore del Giornale Alessandro Sallusti. Al centro delle proteste in particolare le pene pecuniarie per la diffamazione stabilite dal ddl, che “avranno effetti drammatici nelle piccole aziende editoriali, incidendo sia sulla qualità dell’informazione che sui livelli occupazionali”.
Intanto, però, l’allarme su Internet non si placa, e sembra sollevare nuovi interrogativi su diritti e doveri del trattamento delle informazioni e sulla portata della ‘democrazia digitale’ . Anche perché a palazzo Madama fra gli emendamenti approvati, oltre al risarcimento fino a 50.000 euro, c’è anche quello che impone la rettifica “non oltre quattro giorni” a carico dei cosiddetti prodotti editoriali on line. La mobilitazione si evidenzia anche dalla discussione sul portale Wikipedia: l’enciclopedia pubblica un banner all’inizio delle pagine consultate. Il testo del banner inizia così: “Gentile lettore, gentile lettrice, ancora una volta l’indipendenza di Wikipedia è sotto minaccia. In queste ore – prosegue il testo – il Senato italiano sta discutendo un disegno di legge in materia di diffamazione che, se approvato, potrebbe imporre a ogni sito web (ivi compresa Wikipedia) la rettifica o la cancellazione dei propri contenuti dietro semplice richiesta di chi li ritenesse lesivi della propria immagine o anche della propria privacy, e prevede la condanna penale e rilevanti sanzioni pecuniarie in caso di mancata rimozione”. A questo proposito il senatore Vita commenta: “Capisco perfettamente le preoccupazioni che vedo in rete, ma è ormai evidente che la materia relativa a quanto viene pubblicato on line, enciclopedie comprese, meriti un’attenzione, un impegno e una quantità di tempo ben diversi”.