Salta in Senato l’iter breve per le nuove norme sulla diffamazione: per il direttore il rischio prigione è più concreto. Alla fine, il colpo di coda in commissione Giustizia del Senato c’è stato. Niente iter breve per il disegno di legge sulla diffamazione a mezzo stampa: si va in Aula e i tempi si allungano. Mentre la Camera fissa la discussione in assemblea per fine mese.
Così, si fa sempre più concreto il rischio-carcere per il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, condannato a 14 mesi di reclusione. Doveva essere una riforma bipartisan, ma il voltafaccia del Pd fa saltare la sede deliberante attribuita alla Commissione dal presidente del Senato, Renato Schifani. In sei, più del necessario quinto dei componenti, chiedono che si torni alla procedura normale. Oltre a Luigi Li Gotti (Idv) e Franco Bruno (Api), ci sono 4 senatori del partito di Bersani: Gerardo D’Ambrosio, Vincenzo Vita, Luigi Vimercati e Marco Perduca. Il blitz tentato una settimana fa stavolta riesce. «La materia è troppo complessa – spiegano – è bene che il testo venga esaminato anche dall’Aula».Sfuma dunque la possibilità di approvare oggi, definitivamente, il ddl da inviare alla Camera.
Eppure, ieri mattina sembrava andare tutto liscio nella riunione con il sottosegretario alla Giustizia, Antonino Gullo, dei due relatori, il presidente della Commissione, Filippo Berselli (Pdl, nel tondo) e Silvia Della Monica (Pd). Poi, dai piani alti dei Democratici è partito l’input negativo. Probabilmente, a far cambiare idea alla Della Monica (che improvvisamente parla di «scelta comprensibile e giusta») è stata la capogruppo Anna Finocchiaro, che nei giorni scorsi escludeva con Berselli la richiesta dell’Aula. E invece… Stasera, ma più probabilmente giovedì, il ddl verrà licenziato in Commissione e poi se ne riparlerà la prossima settimana per il voto dell’assemblea di Palazzo Madama. D’altronde, per Sallusti non c’è fretta, quasi irride D’Ambrosio: «Adesso non va in galera neanche se bussa al portone di San Vittore. Se, come lui dice, l’ordine di carcerazione non è stato ancora notificato, il termine di 30 giorni per la richiesta dell’affidamento ai servizi sociali deve ancora cominciare a decorrere. C’è tutto il tempo di approvare la legge prima che vada in galera». Vita arriva a dire che l’iter non rallenta, mentre il capogruppo Pdl Maurizio Gasparri si rammarica per le «errate manovre dilatorie o ostruzionistiche».
Parallelamente, anche Montecitorio fa la sua mossa che non promette nulla di buono: la conferenza dei capigruppo, presieduta da Giancarlo Fini, fissa la discussione in Aula del ddl il 29-30 ottobre. Non si parla neppure, nella riunione di fine mattina nella biblioteca della Camera, di una richiesta della sede deliberante alla Commissione. Per ottenerla a Montecitorio ci vuole l’unanimità dei gruppi e, dopo il flop al Senato, c’è poco da illudersi (anche se in teoria è ancora possibile). Alla delicata riunione mancano il capogruppo del Pdl, Fabrizio Cicchitto (sostituito da Simone Baldelli); della Lega, Gianpaolo Dozzo (sostituito da Maurizio Fugatti) e dell’Idv Massimo Donadi (sostituito da Antonio Borghese), mentre sono presenti Dario Franceschini del Pd, Benedetto Della Vedova del Fli, Gianluca Galletti dell’Udc, Silvano Moffa del Pt e Siegfried Brugger del gruppo Misto. Spiegano che più di questo non potevano fare per far viaggiare «veloce» il ddl.Intanto, Berselli continua ad affannarsi in Senato: «Abbiamo rimodulato il testo in modo che dovrebbe incontrare il favore di tutti i gruppi».
Tra le novità, l’applicazione delle norme solo ai siti dei giornali cartacei, pene pecuniarie tra 5mila e 50mila euro, multe aumentate o diminuite, in base alla pubblicazione o meno della rettifica, sia per l’autore sia per il direttore. E sarebbe esclusa la radiazione dall’albo. Ma anche tra i giornalisti c’è preoccupazione. Protesta per i ritardi Franco Siddi, segretario della Fnsi e Giuseppe Giulietti di «Articolo 21» teme che si torni a una «legge bavaglio».