REPUBBLICA DEL TITANO. PROVVIDENZE PER L’EDITORIA, ANCHE IL GIUDICE DI TERZA ISTANZA DÀ RAGIONE A SAN MARINO OGGI E LA TRIBUNA

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Il giudice di terza istanza ha definitivamente chiuso il capitolo sulle provvidenze per l’editoria, dando piena ragione alle società che editano San Marino Oggi e La Tribuna a cui ora spettano le provvidenze negate dalla Commissione di Vigilanza. Si è chiusa così, con sentenza del giudice Michele Sesta del 10 settembre scorso (depositata in cancelleria due giorni dopo) una vicenda iniziata nel 2011 e relativa alle negate provvidenze per l’anno 2009. La vertenza era iniziata nel maggio del 2011 quando la due testate avevano fatto ricorso contro la mancata erogazione del contributo per l’editoria, previsto dalla legge, in seguito ad una decisione della Commissione di vigilanza che in sostanza, come ha poi sentenziato il giudice, è andata oltre i propri poteri e compiti. In base alla legge infatti, la Commissione, che è di nomina consiliare (ed è l’unica che resta attiva anche in caso di scioglimento del Consiglio Grande e Generale come sta avvenendo attualmente, dovendo regolamentare pure gli spazi elettorali per la campagna che si apre tra una settimana), esaminando i dati relativi sostanzialmente agli aspetti contabili, presentati dalle varie società editoriali di San Marino, dovrebbe poi erogare le provvidenze messe a disposizione dallo Stato per coprire il 7% delle spese che le società hanno sostenuto come costi di produzione, del prodotto editoriale. Ma da tempo, e cioè anni, rispetto al budget necessario, lo Stato ha sempre erogato meno dei fondi che sarebbero necessari e alle società editoriali non sono arrivati rimborsi superiori al 3-4% dei soldi spesi. Per l’assegnazione delle provvidenze relative al 2009 però, la Commissione di vigilanza, ha allargato l’ambito delle proprie valutazioni, ed oltre a quelli prettamente contabili ha esaminato anche altri aspetti delle società editoriali, compreso, nel caso specifico, quelli relativi alla materia del mercato del lavoro, in quanto proprio nel 2009 erano state riscontrate alcune irregolarità. E proprio in base a questo aveva quindi deciso, dopo aver chiesto un parere anche alla segreteria di Stato con delega all’Informazione, di non erogare le provvidenze. Di qui i ricorsi. In primo grado il giudice Isabella Pasini, ha dato ragione alla Commissione di vigilanza, ma non nel merito della vicenda, quanto nel fatto che secondo il giudice, poiché la commissione aveva giudicato seguendo il parere della segreteria di Stato, il ricorso in sostanza andava presentato contro la decisione della segreteria e non la Commissione. In secondo grado invece, il giudice di appello Guido Guidi ha dato pienamente ragione alle società ricorrenti in quanto il parere della segreteria di Stato non era affatto vincolante, e soprattutto perché, così facendo la commissione di vigilanza, quale organo della Pa e per un atto in corso di procedimento, avrebbe in sostanza modificato delle competenze e dei poteri tra gli organi e gli uffici della Pa. Ma tale assunto, per il giudice non si poteva condividere “pena il sovvertimento degli assetti garantistici prefissati, in danno del principio di legalità”. Il giudice d’appello, spiega il giudice di terza istanza nella sua sentenza, ritenne infatti che la Commissione avrebbe “illegittimamente aggravato il procedimento amministrativo volto alla concessione delle provvidenze, non solo arricchendolo di fasi non previste dalla legge, ma anche esprimendo valutazioni del tutto estranee alla sua sfera di attribuzioni e al procedimento”. Nel prosieguo della sentenza il giudice di terza istanza Michele Sesta passa in raffronto tutti gli aspetti delle sentenze di primo e secondo grado stabilendo: 1. Che nel caso del ricorso, le società hanno rispettato i termini per la presentazione (nel ricorso della commissione di vigilanza, difesa dall’Avvocatura dello Stato, si sosteneva che la comunicazione del provvedimento dovesse scattare dal comunicato stampa diramato dalla commissione di vigilanza, e non dagli atti di notifica alle società, gli unici contenenti tutti gli aspetti previsti dalla legge). 2. Che entrambi i giudici sia di primo che di secondo grado, concordano che l’esame di questioni relative alla materia giuslavoristica “esorbiti effettivamente dai compiti che la legge attribuisce alla commissione di vigilanza” (cosa che tra l’altro scrive la commissione di vigilanza stessa nella sua relazione datata 18 novembre 2010). Il giudice di terza istanza dichiara a questo punto che già solo questi due aspetti sarebbero sufficienti per l’accoglimento del ricorso da parte delle aziende editoriali, ma aggiunge anche altri punti. Dichiara infatti che anche entrambi i giudici di primo e secondo grado hanno “ritenuto illegittimo il modus operandi della Commissione di vigilanza nel corso della procedura”. Infine, il professor Michele Sesta affronta l’unico punto in cui tra il giudizio di primo e secondo grado c’erano delle differenze, ovvero l’atto contro cui fare ricorso: per il giudice di primo grado appunto la decisione della segreteria di Stato, mentre per il giudice di secondo grado la Commissione di vigilanza. Scrive in proposito il giudice di terza istanza: “è come dire che l’unica reale differenza nei ‘dicta’ dei giudicanti riguarda la sede nella quale è stata presa la decisione che ha inciso negativamente”. E per il giudice di Terza istanza la segreteria di Stato ha solo espresso un pare, mentre “resta indubbia la contrarietà alla legge del comportamento dell’Amministrazione”, cioè la Commissione di vigilanza. E per questo la posizione dei ricorrenti “può dirsi illegittimamente lesa”. Ora quindi, dopo la vittoria anche in terzo grado e praticamente su tutta la linea del contendere con i giudici che entrano direttamente nel merito del comportamento della Commissione di vigilanza, le provvidenze dovranno essere riconosciute anche a Mediasam, che nel 2009 editava San Marino Oggi, e a La Tribuna.

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