CASO SALLUSTI, DDL DIFFAMAZIONE: COME POTREBBE CAMBIARE (IN PEGGIO?) LA LEGGE

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No alla galera per il reato di diffamazione, ma più responsabilità per i direttori. Anche per quelli delle testate radiotelevisivi e dei siti a carattere editoriale. Si rinforzano le sanzioni pecuniarie e l’obbligo di rettifica. Possibile anche la sospensione e la radiazione dall’Ordine. Tuttavia rimangono dei dubbi sul testo.
Il ddl Chiti-Gasparri è al vaglio del Senato. Il disegno di legge, n.3491, è stato battezzato così: “Modifiche alla legge n.47 dell’8 febbraio del 1948 e al Codice penale in materia di diffamazione”. Esso si compone di 2 articoli e dovrebbe intervenire sull’art. 12 e 13 della legge sulla stampa, e sugli artt. 57 e, 594 e 595 c.p. La commissione Giustizia lo sta studiando. Lo farà fino all’11 ottobre. In tal data il testo passerà alla Camera. E da qui dovrebbe diventare definitivo. Preferibilmente entro il 26 ottobre. Altrimenti Sallusti, condannato a 14 mesi di reclusione (pena attualmente sospesa dalla Cassazione) andrà in carcere.
L’obiettivo è noto: eliminare la pena detentiva. «È incivile mandare un giornalista in carcere per aver scritto un articolo», hanno affermato quasi tutti, addetti ai lavori e non. Tuttavia la legge sulla stampa risale al 1948. E anche il codice penale prevede la galera. Ma in Italia spesso funziona così: ci si dimentica dei problemi (delle leggi da rivedere e delle vittime “anonime”) fino a quando questi non emergono con tutta la loro carica. Sallusti non è certo un giornalista qualunque: è il direttore de Il Giornale. E all’epoca dell’articolo incriminato (febbraio 2007) era alla guida di Libero. Ma va benissimo così. Il “caso Sallusti” ha avuto il merito di sottolineare una crepa nella legislazione italiana. E anche lo stesso Sallusti ha avuto il merito di non aver cercato scorciatoie. Se fosse sceso a patti col giudice Giuseppe Cocilovo, pagando una somma in denaro da devolvere a Save the Children, il magistrato avrebbe ritirato la querela. E probabilmente il caso si sarebbe insabbiato. E invece no. Sallusti è stato “testardo”: «Non metto in vendita la mia libertà, non scendo a patti e non chiederò né le misure alternative né la grazia al presidente della Repubblica».
Quindi per evitare uno scandalo mondiale (un giornalista in galera, per un articolo non scritto da lui, in un Paese civile come l’Italia non sarebbe rimasto inosservato) bisogna cambiare le legge. E bisogna farlo prima del 26 ottobre.
Ma la fretta potrebbe non aiutare. La galera sarà evitata, ma la responsabilità oggettiva dei direttori potrebbe aumentare. I responsabili della carta stampata e delle testate radiotelevisive risponderanno anche per i contenuti presenti sui siti e trasmessi «con altri mezzi di diffusione». Non si capisce se ci si riferisce all’edizione on line delle testate registrate o di tutti i siti a carattere editoriale. E a tal proposito sarebbe quantomeno “discriminatoria” una eventuale distinzione. Se fosse così ci sarebbero dei siti che esulerebbero dal reato di diffamazione, in quanto il direttore non è responsabile e l’autore può essere facilmente occultato.
Inoltre i dubbi non finiscono qui. L’avvocato Antonio Buttazzo, su Blitz Quotidiano Buttazzo critica “tecnicamente” il testo: «Da un lato si amplia la possibile imputabilità dei direttori in quanto viene estesa anche a quelli dei telegiornali ed altri mezzi di diffusione, ma dall’altro si rende difficilmente perseguibile il direttore responsabile il quale risponderà dei reati commessi solo allorquando potrà essere dimostrato di aver omesso dolosamente il controllo. Cioè mai».
Passando le ammende in denaro, il tetto minimo per la riparazione pecuniaria (esclusa la multa e il risarcimento danni) sarà di 30 mila euro. E poi l’obbligo di rettifica sarà estesa ai siti e ai libri. Per quanto riguarda le sanzioni disciplinari saranno “rispolverate” la sospensione e la radiazione. Possibile il ricorso, per tali evenienze, del giurì d’onore.
Per i recidivi la sospensione dalla professione potrebbe significare la decadenza della abilitazione. Il che significa rifare l’Esame di Stato.
Dunque il ddl Chiti-Gasparri avrebbe il merito di eliminare l’ipotesi carcere. Ma rischierebbe di complicare la professione giornalistica, soprattutto per i direttori.
Bisogna sottolineare che parliamo di un disegno di legge. Quindi il testo può essere ancora emendato e perfezionato.
Tuttavia per risolvere “il caso” pulita e veloce basterebbe modificare, tramite decreto legge, l’art. 13 della legge sulla stampa del 1948, e gli artt. 594 e 595 del Codice penale. In tal modo si eliminerebbero “le sbarre”. Poi, per una riforma complessiva il tempo non manca. E ragionare a mente fredda male non fa.

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