CASO SALLUSTI, FARINA CONFESSA. «SONO IO L’AUTORE». POSSIBILE REVISIONE DEL PROCESSO. MA SE NE APRE UN ALTRO

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Il diffamatore del giudice Cocilovo à Renato Farina. Sallusti è solo responsabile dell’omesso controllo. Il processo potrebbe essere rivisto. Intanto la condanna è stata sospesa. Ma oggi potrebbe nascere un nuovo processo. Sempre per diffamazione. La vittima è un altro magistrato: un sostituto procuratore militare.
La Cassazione ha sospeso la pena per 30 giorni. In questo lasso di tempo l’avvocato del direttore, Vincenzo Lo Giudice, può chiedere le misure alternative: servizi sociali, semilibertà o domiciliari.
Ma Sallusti è stato categorico: non ha intenzione di scendere a compromessi. E infatti ha rifiutato anche l’accordo economico: 20 mila euro a Cocilovo (il quale li avrebbe devoluti a Save the Children) sarebbero bastati per il ritiro della querela per diffamazione aggravata.
Sallusti ha potuto “godere” della sospensione della pena in quanto non è recidivo e non ha cumuli di pene arretrate. Infatti la Cassazione ha sottolineato che, già nel primo grado di giudizio, non gli sono state attribuite le attenuanti.
In ogni caso con la confessione pubblica, fatta nella Camera dei Deputati del pidiellino Renato Farina, cambia le carte in tavole. Farina usò lo pseudonimo Dreyfus. Ora il deputato si prende tutta la responsabilità civile e penale. Farina ha auspicato una revisione del processo e ha pregato il capo dello Stato di graziare Sallusti. Peccato che quest’ultimo ha dichiarato di non volerla.
In tutto ciò il vero autore dell’articolo è venuto allo scoperto. Deyfus in realtà Renato Farina, deputato del Pdl.
Ma la “verginità giudiziaria” di Sallusti potrebbe perdersi in un’altra aula di tribunale: coincidenza alquanto strana. Sallusti è stato rinviato a giudizio con l’accusa di omesso controllo in un procedimento per diffamazione ai danni dell’ex sostituto procuratore militare di Padova, Maurizio Block, oggi consigliere del Csm militare. Anche in questo caso, siamo nel 2007 (in particolare il 3 luglio) anno in cui Sallusti dirigeva Libero. In questo caso la diffamazione è stata compiuta dalla giornalista Barbara Romano e dal generale, nonché presidente del sindacato dell’Arma dei Carabinieri, Antonio Pappalardo. L’oggetto del reato è un’intervista della Romano a Pappalardo. Nel pezzo il generale avrebbe diffamato Maurizio Block, il sostituto procuratore militare di Padova. La vicenda è questa: Pappalardo criticò la scelta di Massimo D’Alema, allora ministro degli Esteri, di procedere alla riforma dell’Arma; nella valutazione veniva citato anche Block. Questi si è sentito diffamato e via alla querela. Diffamatorie sarebbero state le dichiarazioni “integrali” (e quindi non purificate da eventuali scivoloni) di Pappallardo, un generale. Quindi una carica pubblica di rilievo. E la difesa di Sallusti e della giornalista si è basata proprio su questo: le dichiarazioni di un generale sono di interesse pubblico e vanno riportate integralmente.
L’esposto stato poi ritirato dallo stesso Block. Tuttavia il gup di Milano, Maria Grazia Domanico, ha deciso, comunque, di rinviare a giudizio i giornalisti e il generale dell’Arma. Il processo comincerà il prossimo 5 dicembre. L’udienza preliminare fissata per le 11 di stamane.

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