Alessandro Sallusti rischia 14 mesi di carcere per l’omesso controllo di un articolo pubblicato nel 2007 da Libero, di cui era all’epoca direttore.
La Cassazione lo ritiene colpevole di diffamazione aggravata.
Ieri è arrivata la tanto attesa sentenza della cassazione: per il direttore del Giornale sarà sospesa l’esecuzione della pena detentiva dalla Procura della Repubblica di Milano, in quanto risulta non avere cumuli di pena né recidive, intanto Sallusti annuncia le sue dimissioni.
Dal mondo politico a quello editoriale la mobilitazione è unanime e si invoca la necessità di modificare la normativa penale sulla diffamazione.
Di casi analoghi a quello di Sallusti ce ne sono e ce ne sono stati tanti, ma il finale non è sempre stato così benevolo.
Orfeo Donatini e Tiziano Marson ,rispettivamente redattore ed ex direttore del quotidiano “Alto Adige”, sono stati condannanti in primo grado nel Luglio 2012 dal Tribunale di Bolzano a quattro mesi di reclusione e al pagamento di una pena pecuniaria, per diffamazione a mezzo stampa.
La querela è arrivata da un consigliere provinciale per un articolo di cronaca pubblicato nel 2008.
L’articolo, che porta la firma di Donatini, riguarda Sven Knoll, consigliere provinciale di Bolzano e membro del SuedTiroler Freiheit e le relative indagini a suo carico per la sua possibile vicinanza ad ambienti di estrema destra.
Scatta così la querela per Donatini ed il suo direttore, nonostante la stessa notizia fosse stata già riferita da un periodico a diffusione nazionale e nonostante prima della querela non fosse stata chiesta alcuna rettifica.
La Fnsi ha espresso solidarietà per i due cronisti e giudica incomprensibile ed esagerato il provvedimento della Magistratura.
Uno sconto di pena più breve è toccato invece ad una cronista siciliana, Giulia Martorana, che comunque ha scontato venti giorni di carcere con la sospensione condizionale della pena, per non aver voluto rivelare al giudice le sue fonti.
Giulia Martorana è una giornalista pubblicista di Enna e corrispondente dell’agenzia Agi e del quotidiano “La Sicilia”, nel 2008 ha riportato la notizia di un presunto giro di pedofili che avrebbero abusato di due sorelline di 12 e 14 anni.
La giornalista si era limitata a dare notizia dell’avvenuto incidente probatorio senza riportare alcuna indiscrezione sulle dichiarazioni delle due ragazzine, ma ipotizzando che vi potesse essere il coinvolgimento di altre persone.
Il giudice la riconosce per questo colpevole di favoreggiamento, applicando una norma che non consente ai giornalisti pubblicisti di avvalersi del segreto professionale.
Ancora, nel Maggio 2011, il giudice del tribunale di Chieti ha condannato per diffamazione a mezzo stampa ad un anno di carcere senza condizionale due giornalisti, Walter Nerone e il collaboratore Claudio Lattanzio, e a otto mesi l’ex direttore del giornale “Il Centro”, Luigi Vicinanza.
La condanna arriva a seguito della pubblicazione di un articolo apparso nel 2007 sulle pagine del quotidiano regionale di Sulmona e riguardava la notizia di un accertamento patrimoniale a carico dell’ex sindaco La Civita, un accertamento ordinato dalla procura in seguito a polemiche locali.
Ai cronisti condannati per querela, il giudice non ha concesso le attenuanti generiche, in nome della presenza di precedenti specifici.
Walter Nerone ha replicato incredulo alla sentenza, affermando di non essere mai stato condannato a sua insaputa e di non aver mai avuto condanne in precedenza.
Anche in questo caso, la Fnsi e L’Ordine dei giornalisti d’Abruzzo esprimono vicinanza ai giornalisti e la necessità di regolamentare lo strumento della querela di cui troppo spesso si abusa.
Una necessità quindi invocata da sempre, che ora si fa impellente con il caso Sallusti, perché a volte solo i grandi nomi possono smuovere le acque, gli altri sono solo gocce nel mare.