Chi non paga le tasse non è furbo, ma ladro. Dopo lo spot “sui parassiti della società” è arrivato l’invito di Monti ai media. Chiamateli delinquenti, malfattori, ladri, parassiti, ma non furbi. Per il Professore quest’ultima parola sarebbe una sorta di complimento “subliminale” a chi non paga le tasse. Dunque, a per evitare “equivoci inconsci”, il premier, in occasione del raduno di Cl (Comunione e Liberazione), ha invitato i giornalisti, soprattutto quelli della Rai, a non utilizzare più l’eufemismo “furbi” per descrivere gli evasori.
Pochi mesi fa è circolato sulle reti pubbliche uno spot finalizzato proprio a denigrare gli evasori. Inizia con una serie di scatti fotografici che mostrano in ripetizione vari parassiti dall’aspetto mostruoso: quello dei ruminanti, dei pesci, del legno, dell’intestino. Poi appare, con sorpresa, la foto di un uomo: è l’evasore, il parassita della società. «Chi vive alle spalle degli altri danneggia tutti. Battere l’evasione fiscale è tuo interesse», recitava lo slogan dello spot promosso dall’Agenzia delle Entrate e dal Tesoro.
In qualche modo la pubblicità progresso dipingeva l’evasore come un parassita da scovare, promuovendo anche una sorta di spionaggio. Come dire: se conoscete qualcuno che evade segnalatelo al fisco, farete un favore a voi e all’intero Paese.
Probabilmente l’operazione non è riuscita al meglio. Ed ecco che Monti ha invitato i giornalisti a non definire furbi chi non paga le tasse. In effetti un mondo nuovo si costruisce anche con un linguaggio nuovo. Ma le reazioni del mondo dell’informazione sono state discordanti: c’è chi ha accettato passivamente (o almeno non ha ancora criticato esplicitamente) la “sterzata semantica”, e chi la ritiene inutile, ridicola e forse persino pericolosa.
Ecco cosa ha scritto Francesco Merlo su La Repubblica di ieri: «La guerra semantica non funziona perché il linguaggio non muta per decreto e lottare contro le parole è inutile oltre che ridicolo. Secondo Natalia Ginzburg [studiosa del linguaggio, ndr] gli italiani hanno sempre cercato di sostituire le parole vive con cadaveri semantici che ne attenuino i significati. Tra gli orrori del politicamente corretto ci sono il cieco che diventa “non vedente” e lo spazzino “operatore di pulizia”».
Sulla stessa lunghezza d’onda è Mario Sechi, direttore de Il Tempo. Sechi invita Monti a leggere «un libretto di poche pagine e molte buone idee scritto nel 1921, intitolato “Codice della vita italiana”». L’autore è Giuseppe Prezzolini. Ecco come quest’ultimo dipinge la società italiana:«L’Italia va avanti perché ci sono i fessi. I fessi lavorano, pagano, crepano. Chi fa la figura di mandare avanti l’Italia sono i furbi, che non fanno nulla, spendono e se la godono». Una rappresentazione icastica e tragicomica. Tuttavia non manca un fondo di verità tutt’ora attuale. Secondo Sechi l’ingerenza di Monti nel privilegiare delle parole piuttosto che altre e fonte di preoccupazione. «Quando un capo di governo comincia a eccepire sul linguaggio e l’uso del vocabolario, si finisce per intaccare la «libertà di inchiostro e penna», ha scritto il direttore de Il Tempo.
Ora non ci resta che verificare se l’invito di Monti sarà accolto dalla maggioranza dei giornalisti.