LIBERTÀ D’ESPRESSIONE. I LIMITI DELLA CORTE DI STRASBURGO

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Vietare l’affissione di manifesti del Movimento Raeliano, come decisero anni fa le autorità del canton Neuchatel (Svizzera), non viola la Convenzione europea dei diritti dell’uomo nel punto in cui difende la libertà d’espressione. Lo dice, con sentenza emessa il 13 luglio, la Grande Camera della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU).

Nel 2001, alla filiale elvetica del gruppo creato nel 1973 dal francese Claude Vorilhon, fu negata l’autorizzazione di affiggere cartelloni pubblicitari raffiguranti degli extraterrestri e accanto un numero di telefono e l’indirizzo del sito web. Nulla di scabroso di per sé ma, secondo l’amministrazione locale, il sito citato conteneva materiale contrario alla morale e all’ordine pubblico; il dito era puntato soprattutto contro la promozione della clonazione umana e la geniocrazia, che sono due cardini di quella religione.
Nel 2005, il Tribunale federale respinse il ricorso dei Raeliani per due motivi: per il richiamo alla società Clonaid che nel 2002 aveva annunciato la nascita del primo bambino clonato, e per alcuni brani dei libri del loro fondatore, suscettibili d’indurre alla pedofilia.
Ora arriva anche la sconfessione della Grande Camera della Corte di Strasburgo: con 9 voti contro 8, la sentenza sostiene che la Svizzera non ha sconfinato dai propri limiti di manovra e che i motivi di diniego erano sufficienti e pertinenti. I giudici hanno anche considerato il fatto che il divieto si limitava alle affissioni sul suolo pubblico, lasciando al Movimento la libertà d’esprimersi con altri mezzi.

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