DL CONTRIBUTI EDITORIA/ ESAME AULA RIPRENDE OGGI CON VOTAZIONI

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Ieri si è conclusa la discussione generale sul decreto editoria. L’Aula del Senato ha chiuso i lavori riaggiornandosi a stamattina alle 9,30 in attesa dei pareri della commissione Bilancio sugli emendamenti al provvedimento. Lo ha annunciato la presidente di turno, Rosi Mauro intervenendo in Aula. Mauro ha quindi precisato che le votazioni sul decreto editoria proseguiranno se necessario anche oltre il termine previsto delle 13.
Di seguito il resoconto della seduta di ieri dell’Assemblea.

Discussione dei disegni di legge:
(3305) Conversione in legge del decreto-legge 18 maggio 2012, n. 63, recante disposizioni urgenti in materia di riordino dei contributi alle imprese editrici, nonché di vendita della stampa quotidiana e periodica e di pubblicità istituzionale
(3251) VITA ed altri. – Nuove norme in materia di editoria
ADAMO, relatrice. Le innovazioni introdotte dal decreto-legge n. 63 sono da considerare delle norme transitorie in attesa della ridefinizione delle forme di sostegno all’editoria demandate al disegno di legge delega, che il Consiglio dei ministri ha adottato l’11 maggio scorso e che è stato assegnato alla Camera dei deputati, i cui criteri e principi ispiratori sono l’incentivazione calibrata alla situazione attuale del mercato editoriale, il sostegno all’innovazione, in particolare alle startup e alla multimedialità, l’istituzione di una commissione per definire i soggetti editoriali meritevoli di sostegno pubblico e di un registro delle riviste di alta cultura, la promozione della lettura. Obiettivo del provvedimento in esame è quello di aiutare i soggetti di mercato sani ad arrivare alla modifica del sistema degli incentivi pubblici con gradualità e capacità di trasformazione, togliendo il sostegno a realtà prive di consistenza. Una parte dei risparmi ottenuti sarà riversata sul sistema, in particolare per la valorizzazione dell’editoria digitale. Vengono individuati nuovi criteri di selezione ed accesso ai fondi, sono limitati i costi ammissibili ed il contributo sarà ancorato alle copie vendute e non a quelle distribuite. Scompare quindi il diritto soggettivo al contributo pubblico, che in passato aveva determinato l’aumento dei costi a carico pubblico.
MALAN, relatore. Il provvedimento in esame cerca di contemperare l’esigenza di risparmiare risorse pubbliche e quella di non far mancare improvvisamente il sostegno dato per molti anni all’editoria. Nonostante non siano una peculiarità italiana, è doveroso razionalizzare tali provvidenze per evitare il ripetersi degli abusi che si sono verificati. Negli ultimi anni si è registrata una forte riduzione dei contributi pubblici all’editoria: in particolare, è stato soppresso il contributo per la carta, che consisteva nell’erogazione di somme elevate; soppressione che ha coinciso con l’avvio della campagna di stampa contro le istituzioni e soprattutto contro il Parlamento. I contributi vengono riservati soltanto a determinate categorie di testate e sono state limitate le voci ammissibili a rimborso, individuando i costi intrinseci all’attività di un periodico, quali l’assunzione di giornalisti e poligrafici e le spese per la stampa e la distribuzione. Il provvedimento prevede inoltre un sostegno per il passaggio all’editoria digitale e stabilisce che per la pubblicità istituzionale sia praticato il prezzo più basso stabilito per la pubblicità ordinaria. È importante convertire il decreto-legge: è comprensibile la posizione di chi sostiene che le imprese editoriali dovrebbero reggersi sulle proprie forze, ma la cessazioneimmediata del sostegno pubblico causerebbe una perdita di posti di lavoro oltre che di un patrimonio culturale ed informativo importante per il Paese.
PRESIDENTE. Dichiara aperta la discussione generale.
VITA (PD). Il decreto-legge in esame apre la strada ad una riforma più complessiva, quella che recata dalla delega presentata alla camera dei deputati: individuando nuovi principi più selettivi e rigorosi per l’accesso ai finanziamenti pubblici, mette fine ad un criterio di erogazione ormai superato e fonte di abusi e spreco di risorse. I punti essenziali del provvedimento sono l’ancoraggio del finanziamento al numero di copie vendute e all’occupazione effettiva di lavoratori, giornalisti e poligrafici, con contratti a tempo indeterminato. L’articolo 3 del decreto-legge, sull’editoria digitale, entra nel vivo di un passaggio epocale per la diffusione dell’informazione e della cultura. Auspica che alcuni limiti presenti nel testo siano superati attraverso l’approvazione di emendamenti che richiedono l’innalzamento a 155-160 milioni di euro del tetto ai contributi e il computo degli abbonamenti online nel conteggio delle copie vendute.
DE ECCHER (PdL). La finalità principale del decreto-legge in esame è una razionalizzazione dell’uso delle risorse pubbliche nel sostegno all’editoria; in particolare, si stabiliscono limiti al finanziamento e una correlazione meglio strutturata dello stesso in base alle copie vendute e alle assunzioni a tempo indeterminato di giornalisti e poligrafici. Va favorito il pluralismo, riconoscendo la necessità di sostenere voci diversificate che diano spazio anche alle minoranze: per questo andrebbero seguite strade diverse da quelle percorse dal provvedimento, atteso che finora i criteri adottati per l’erogazione dei finanziamenti pubblici appaiono improntati a clientelismo e parassitismo, come può evincersi dalla lettura dell’elenco delle 260 testate che hanno usufruito in varia misura del sostegno finanziario pubblico. Visto che il lavoro deve essere produttivo ed avere una valenza collettiva, è in altri settori che andrebbe sostenuta l’occupazione. Per queste ragioni voterà contro il provvedimento in esame.
PARDI (IdV). Il disegno di legge in esame, che si pone gli obiettivi di garantire il pluralismo dell’informazione e di arginare l’arbitrarietà dilagante nei finanziamenti all’editoria, ha una portata limitata ed affida la risoluzione degli annosi problemi in materia ad una delega al Governo, che non appare lo strumento più consono, stante la rilevanza del tema presso l’opinione pubblica e per la democrazia nel Paese. Sarebbe opportuno, inoltre, favorire, più che i grandi gruppi editoriali che possono contare sui proventi delle sottoscrizioni pubblicitarie, i piccoli gruppi a diffusione limitata perché siano effettivamente in grado di raggiungere la loro utenza potenziale ed anzi di ampliarla. Occorre inoltre un ragionamento collettivo serio sui meccanismi idonei a difendere il pluralismo, e quindi sulla divisione fra proprietà della carta stampata e della televisione, tema che negli ultimi vent’anni ha viziato la vita democratica del Paese. Infine, occorre affrontare il fenomeno del lavoro precario, flessibile, sovente gratuito nel mondo dell’informazione.
BODEGA (Misto-SGCMT). Anche in questo provvedimento, il Governo dimostra una inaccettabile indulgenza verso i poteri forti, non incidendo di fatto sui cospicui finanziamenti alle maggiori testate giornalistiche nazionali, che peraltro vantano una distribuzione ben inferiore a quella di altri grandi quotidiani europei. In nessun settore dell’impresa lo Stato finanzia come per l’editoria il costo della materia prima, dei processi di lavorazione, del personale e della distribuzione, dietro il pretesto del servizio reso alla collettività. Appare inconcepibile che si sovvenzionino con denaro pubblico testate di parte che promuovono campagne denigratorie sui nemici di turno. Così come i partiti dovrebbero essere finanziati dai propri elettori, i giornali dovrebbero essere finanziati dai propri lettori. Dietro il dichiarato intento moralizzatore, non si fa che perpetuare un privilegio ingiustificato, negato a tutti gli altri fornitori di servizi pubblici.
MURA (LNP). È senz’altro apprezzabile l’intento che informa il disegno di legge in esame di caratterizzare con una maggiore selettività l’erogazione dei finanziamenti pubblici all’editoria, vincolandoli a criteri più severi e a dati oggettivi e certificabili e ponendo fine al fenomeno delle tirature gonfiate. Certamente, a fronte della positiva ottica di trasparenza e migliore finalizzazione delle risorse, si deve registrare il pericolo che si metta a rischio la sopravvivenza dei piccoli quotidiani locali, che pure hanno una forte valenza sociale per i territori di riferimento. Importanti sono le norme sull’editoria radiofonica e quella digitale. È comunque auspicabile che gli emendamenti presentati da tutte le forze politiche al testo ne migliorino la qualità complessiva e sciolgano alcuni dei nodi critici, in particolare per quanto riguarda i requisiti sulla distribuzione per Regione.
BLAZINA (PD). È certamente necessario rivedere i criteri di accesso ai finanziamenti pubblici all’editoria per evitare che lo Stato sovvenzioni testate improbabili e di scarso interesse pubblico, ma fra queste non possono essere inclusi i quotidiani delle minoranze linguistiche riconosciute, come il «Primorski dnevnik», che è strumento informativo indispensabile per la minoranza di lingua slovena del Friuli Venezia Giulia ed ha avuto negli anni, nonostante le difficoltà economiche, un fondamentale ruolo di salvaguardia della lingua slovena e di coesione e crescita culturale della comunità. Far venir meno questo quotidiano equivarrebbe a privare i cittadini del diritto inderogabile all’informazione nella propria lingua madre, sancito dalla Costituzione e dalla legge n. 38 del 2001. È quindi auspicabile che sia accolto l’emendamento 2.11 (testo 2), volto ad innalzare il tetto massimo per il finanziamento ai quotidiani delle minoranze linguistiche inserendoli nella categoria dei quotidiani locali.
GRILLO (PdL). L’evoluzione legislativa dell’editoria dal dopoguerra ad oggi conferma la necessità di un intervento che dia seguito al fondamentale regolamento messo a punto dal precedente Governo che ha garantito una più trasparente gestione e criteri più stringenti per l’assegnazione dei fondi pubblici. In tale quadro, il decreto-legge in esame consente significativi passi in avanti anche in virtù dell’atteggiamento del Governo che ha fatto tesoro dei suggerimenti emersi nel corso dell’esame in Commissione e di quelli avanzati dagli operatori di settore. Sarà possibile verificare appieno l’efficacia del decreto quando il Parlamento varerà il più ampio provvedimento di delega per la riforma dell’editoria attualmente al suo esame, ma già adesso si può da una parte esprimere particolare apprezzamento per le norme relative all’editoria digitale, dall’altro prendere atto che le limitate risorse, oggi irrigidite dalla crisi economica, dovranno essere incrementate non appena possibile.
PRESIDENTE. Dichiara chiusa la discussione generale.
MALAN, relatore. Alcuni dati evocati nel corso della discussione generale fanno riferimento ai contributi erogati nel 2010: nel frattempo sono intervenute significative decurtazioni per alcune delle testate citate, mentre altre sono totalmente escluse dal finanziamento; in ogni caso, la nuova normativa esclude dall’assegnazione di fondi le grandi imprese editoriali. Ai fini di tale assegnazione, inoltre, il decreto fa riferimento esclusivamente a criteri oggettivi che escludono posizioni di favore o di contrarietà specifiche riferite alle pubblicazioni relative a minoranze linguistiche.
PELUFFO, sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri. Il sostegno pubblico erogato su domanda della testata, valutata sulla base dei criteri previsti per legge, negli anni ha creato dei diritti acquisiti, che venivano utilizzati tra l’altro per ottenere il finanziamento bancario, creando obbligazioni, quindi debito sommerso da parte di terzi verso lo Stato. Un grande passo avanti si è verificato, due anni fa, quando è stato chiarito che il diritto soggettivo doveva essere esercitato all’interno di un ammontare predefinito di risorse. I quotidiani e i periodici oggi ammessi a contributo diretto sono 260, di cui quelli politici sono 11. Il decreto in esame si è reso necessario perché le risorse stanziate per l’anno in corso (47 milioni di euro) rappresentano un taglio del 76 per cento rispetto al 2011, che interverrebbe retroattivamente su bilanci ormai chiusi di imprese esposte con le banche. Il Governo ha quindi elevato il fondo, solo per quest’anno, a 120 milioni di euro: per i prossimi due anni le risorse sono fissate in 56 e 64 milioni di euro. Dal 2014 il decreto salva-Italia prevede la cessazione del contributo diretto. Sono stati introdotti criteri molto selettivi per l’ammissione al contributo: in particolare il passaggio dal dato sulle copie distribuite o stampate a quello sulle copie vendute, che eviterà sprechi e abusi, e l’esclusione delle testate che non hanno giornalisti assunti. Inoltre, il decreto sostiene il passaggio al digitale, elemento chiave, nella società contemporanea, per la diffusione e la produzione di conoscenza. Serve definire entro l’anno un nuovo sistema di sostegno all’editoria, poiché dal 2014 non si avranno più i contributi diretti. Il lavoro fatto dal Parlamento sul decreto in esame ha anticipato le linee guida per la delega, che il Governo si impegna a rispettare scrupolosamente.
PRESIDENTE. Poiché non è pervenuto il parere della Commissione bilancio sugli emendamenti, rinvia il seguito della discussione del decreto-legge sull’editoria alla seduta antimeridiana di domani, la quale, dovendosi giungere alla votazione finale, potrà protrarsi anche oltre le ore 13. Come comunicato per le vie brevi ai Gruppi, l’ordine del giorno delle sedute di domani è integrato con la discussione del disegno di legge n. 3334, concernente la partecipazione italiana al sesto aumento di capitale della Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa.
La seduta termina alle ore 18,31.

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