ASTA PER LA FREQUENZE TV: LE RAGIONI DEL RICORSO MEDIASET

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Stavolta non dovrebbero esserci equivoci: Mediaset ha presentato un ricorso al Tar del Lazio per protestare contro l’annullamento della procedura di beauty contest per l’assegnazione delle frequenze televisive. Nel mese di aprile, pochi giorni dopo la decisione dell’Esecutivo, si era diffusa la voce di un possibile ricorso del Biscione, ma era arrivata l’immediata smentita del presidente Fedele Confalonieri.
L’azienda di Cologno Monzese critica ufficialmente l’azzeramento del beauty contest, perché va contro le tendenze europee, e ritiene che l’asta sia stata adottata al solo scopo di penalizzarla. Il ricorso di Mediaset è dettato dagli interessi in gioco, ma non del tutto infondato. La procedura del beauty contest è stata scelta in tutti i principali paesi europei, perché considerata la più adatta per supportare lo switch-off, il processo di transizione dall’analogico al digitale. In alcuni paesi, come la Germania, sono anche state previste sovvenzioni per le principali emittenti. Oggi a generare grossi introiti sono le licenze relative ai servizi mobili. Mediobanca ha dichiarato che l’asta frutterà 1-1,2 mld di euro, ma si tratta comunque di una cifra assai inferiore a quella incassata dallo Stato per la gara tra operatori telefonici tenutasi nove mesi fa. Come suggerito da molti esperti del settore, non sarebbe una scelta malvagia aprire l’asta alle telecomunicazioni, anche perché tra tre anni la metà dei multiplex andrà comunque agli operatori mobili per disposizioni comunitarie prestabilite.
La decisione spetta alla nuova Agcom di Angelo Marcello Cardani, che come risaputo è molto vicino al premier Mario Monti. Il rinnovato interesse di Sky per la frequenze potrebbe spingere l’Autorità a riservare l’asta solo alle televisioni. Serve una decisione, e in fretta, ma l’Autorità ha già detto che avrà bisogno di tempo per dirimere la vicenda.

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