Un miliardo di euro all’anno per i giornali sono troppi. L’Agcom è uno spreco di soldi. Cambiare il regolamento per l’assegnazione delle frequenze. Queste sono alcune proposte di Bebbe Grillo, il leader carismatico del Movimento 5 Stelle.
Già nel 2008, con il V-Day, Grillo tuonava contro gli editori. Il comico genovese illustrava una serie di conflitti di interessi in base alla quale la stampa sarebbe schiava dei politici, delle banche e inoltre colpevole di suggere soldi pubblico. Passano gli anni, ma l’idea non cambia. Ecco cosa si legge sul blog di Grillo a maggio del 2010. «Lo Stato finanzia i giornali con un miliardo di euro all’anno (da abolire). I giornali pagano però stipendi da fame ai giornalisti (quando li pagano). La ricerca “Smascheriamo gli editori” presentata alla sede nazionale dell’Ordine dei giornalisti [che secondo Grillo sarebbe una struttura vetusta da abolire, ndr]descrive una realtà di schiavi della tastiera. Se i giornalisti sono sottopagati e i bilanci dei giornali sono in rosso, allora che fine fanno i finanziamenti dello Stato? Nonostante i 16 milioni di euro erogati dallo Stato al gruppo L’Espresso, La Repubblica paga 30 euro un articolo di 5-6mila battute; Il Sole 24 Ore, a fronte di oltre 19 milioni di contributi l’anno retribuisce i giornalisti 50 centesimi a riga; Libero (5 milioni e 451 mila euro di contributi) offre 18 euro per un’apertura. E Il Manifesto? Ha incassato oltre 5 milioni, ma non paga i collaboratori».
Molto più recente l’invettiva sull’Agcom. Per Grillo è da chiudere in quanto è eletta dai partiti. Ciò, per il comico, contrasta con la ragion d’essere dell’Autorità: la corretta competizione degli operatori del mercato e tutelare il pluralismo informativo. In effetti le recenti elezioni delle nuove Autorità da ragione a Grillo che ha commentato così sul suo blog: «L’Agcom è nata per (non rotolatevi dalle risate) assicurare la corretta competizione degli operatori sul mercato e tutelare il pluralismo e le libertà fondamentali dei cittadini nel settore delle comunicazioni e radiotelevisivo. Chi elegge il consiglio di cinque membri dell’Agcom? I partiti, nella fattispecie i segretari di partito che dettano la linea ai parlamentari. La classifica del 2012 per la libertà di informazione del’associazione “Freedom House ” colloca l’Italia al 70°, tra i Paesi “parzialmente liberi”, dopo, tra gli altri, Tonga, Samoa, Nuaru, Capo Verde e Grecia, ma prima del Benin (che soddisfazione)! L’Agcom è uno spreco di soldi pubblici, una copertura per il controllo dei media da parte dei partiti. Una presa per i fondelli. Va chiusa. Monti la tagli».
Anche il sistema televisivo non è esente da critiche, anzi. Grillo ha spesso affermato che in tv «le cose vere non sia sanno mai» in quanto asservita a logiche partitiche. Il confronto deve avvenire in rete dove la platea può verificare la correttezza e la veridicità delle informazioni (il Movimento 5 Stelle ha infatti proposto ai suoi rappresentanti di non accettare i dibattiti televisivi).
«In questo momento il mondo, senza accorgersene, sta vivendo la terza guerra mondiale: quella dell’informazione. L’unico modo per salvarsi è sapere. Conoscere le notizie. Noi abbiamo un mezzo, la Rete, che ci consente di arrivare dritti alle notizie. La politica, le televisioni, i giornali arrivano sempre dopo». In effetti è stata proprio grazie all’utilizzo sapiente della rete che Grillo ha conquistato molti fan. Il suo blog, nato il 2005 è tra i primo al mondo per il numero degli accessi.
Grillo usa la linea dura anche sulla questione frequenze, legata a doppio filo con le recenti nomine Agcom. Saranno ora i nuovo commissari a decidere come verranno assegnate le frequenze del digitale terrestre. Tuttavia per Grillo il problema nasce a priori: il digitale terrestre sarebbe una tecnologia fallita. Nel 2005 ecco cosa si legge sul suo blog: «sono stati venduti con i contributi statali, e quindi con i nostri soldi, solo tre milioni (rispetto ai venti milioni di famiglie italiane) di inutili decoder, e il governo ha deciso di spostare in avanti di due anni l’adozione obbligatoria del digitale. Sulla Rete si possono vedere già oggi, se la linea arriva (come negli altri Paesi), se la linea è veloce (come negli altri Paesi), se ha un costo ragionevole (come negli altri Paesi) centinaia di canali televisivi. Chi ci ha guadagnato dal digitale? Chi ci sta guadagnando dall’adozione di una tecnologia zombie? Un giorno dovremo pur farli i conti».
Per quanto riguarda le legge Gasparri, Grillo sul suo blog, a fine maggio di quest’anno, ha scritto che « nessun canale televisivo con copertura nazionale può essere posseduto a maggioranza da alcun soggetto privato. L’azionariato deve essere diffuso con proprietà massima del 10%. Le frequenze televisive vanno assegnate attraverso un’asta pubblica ogni cinque anni Abolizione della legge del governo D’Alema che richiede un contributo dell’uno per cento sui ricavi agli assegnatari di frequenze televisive». Dunque per Grillo è auspicabile una «vendita ad azionariato diffuso, con proprietà massima del 10%». Inoltre un canale pubblico dovrebbe essere privo di pubblicità e al servizio di cultura e informazione indipendente.
Se il Movimento 5 Stelle dovesse conquistare il Parlamento, potrebbero esserci molti cambiamenti.