Impasse nella commissione bicamerale di Vigilanza sulla Rai sulle nomine del nuovo Cda del servizio pubblico. Sergio Zavoli (foto), presidente della commissione, ha proposto con successo che il limite per la presentazione dei curriculum dei possibili candidati fosse spostato a lunedì prossimo 18 giugno, mentre la convocazione per un possibile voto sui candidati è stata fissata per giovedì 21. A spiegare l’impasse è la posizione del Pd, in particolare quella più volte ribadita dal segretario Pier Luigi Bersani: nessuna indicazione di partito, per attestare il passo indietro della politica dalla gestione del servizio, in attesa di una più complessiva riforma della governance della Rai.
Il rischio di un replay di quanto accaduto per l’elezione dei candidati di nomina parlamentare per le authority su Privacy e Agcom è alto. Fino a ieri, i curricula fatti arrivare in commissione di Vigilanza erano 32. Tra i nomi, quelli di Michele Santoro e Carlo Freccero, quello dell’ex parlamentare verde Tana De Zulueta, poi ancora Lorella Zanardo (coautrice del documentario “Il corpo delle donne”), Umberto Croppi (ex assessore alla Cultura del Comune di Roma), Franco Scaglia (ex responsabile di Rai cinema), Massimo Liofredi (ex direttore di Raidue), Sabino Acquaviva (sociologo), i giornalisti Massimo Pini e Federico Guiglia, Paolo Sabbatucci (funzionario Rai), Piervirgilio Dastoli (consigliere della Commissione europea attualmente distaccato presso la Presidenza della Conferenza dei presidenti delle Regioni), Roberto Mastroianni (professore di scienze internazionali all’Università di Napoli, allievo dell’ex presidente Rai Roberto Zaccaria), Franco Rositi (professore ordinario preso l’Università di Pavia), Amato Lamberti (costituzionalista presso l’ Università di Salerno), Carlo Rienzi (presidente del Codacons). Tra le curiosità, c’è pure il curriculum di Roberto Menegon, che si definisce “un comune cittadino, un artigiano edile che vive in provincia di Pordenone”, che ha inviato la sua candidatura a membro del Cda Rai “non soggetta a tempi di scadenza” addirittura nel marzo 2009 ai presidenti di Camera e Senato.
Roberto Rao, Udc, che fa parte della Vigilanza e auspica che il Pd cambi posizione, avverte: «Ma chi l’ha detto che bisogna attingere da quei nomi?». In effetti, non c’è nessun obbligo di valutare quei curricula. Proprio come è avvenuto per Agcom e Privacy, potrebbe non esserci neppure il tempo per una audizione di qualche autocandidato. La trasparenza auspicata con i curricula finirebbe per essere solo apparente.
Questa volta a complicare le modalità di elezione ci pensa anche l’indicazione da parte del governo Monti di Anna Maria Tarantola, vicedirettore generale della Banca d’Italia, come nuovo presidente della Rai (dovrà essere eletta formalmente dal nuovo Cda), e di Luigi Gubitosi, ex amministratore delegato di Wind Telecomunicazioni, come direttore generale. Il Ministero del Tesoro ha poi provveduto a indicare Marco Pinto, ex capo di gabinetto di quello stesso ministero, in Cda come proprio rappresentante come stabilito dalla legge. Se, a questo punto, fossero i partiti a provocare una serie di fumate nere in commissione di Vigilanza, l’esito sarebbe ritenuto un grave sgarbo per il governo.
Marco Beltrandi, deputato radicale eletto nelle liste del Pd, componente della Vigilanza, prevede che Lega Nord e Pdl non si autoeleggeranno un Cda a loro immagine e somiglianza: «Ho verificato, non hanno i numeri». E aggiunge: «Una via d’uscita paradossale potrebbe essere prorogare l’attuale Cda». Ma il Pd non sembra intenzionato ad appoggiare questa soluzione. Paolo Gentiloni, Pd, ex ministro delle Telecomunicazioni, componente della Vigilanza, in una intervista che compare oggi sul “Corriere della Sera”, si augura che il suo partito finisca per fare dei nomi di proprio gradimento per superare l’impasse. La parola torna così a Bersani.